Cala il peso di azioni e titoli di Stato
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In Italia, pur mostrando un andamento analogo a quello dell’Eurozona, il tasso di risparmio resta molto al di sotto dei valori di lungo periodo, segnando un divario crescente rispetto alla media europea, rispettivamente circa il 10% e il 13% a fine 2015). Negli ultimi anni la ricchezza netta delle famiglie dell’Eurozona è aumentata (+3,2% nel 2015), mentre è rimasta sostanzialmente invariata in Italia (+0,4% circa nel 2015), dove l’aumento delle attività finanziarie (+5,2%) è stato controbilanciato dalla riduzione delle attività reali (-3%)».

Dal 2007 ad oggi, oltre la metà del portafoglio investimenti degli italiani si compone di depositi bancari e postali, mentre diminuisce la quota di ricchezza detenuta in azioni e titoli di Stato.

Per contro è aumentata la quota di famiglie che possiedono obbligazioni bancarie italiane, il prodotto più diffuso a fine 2015. E’ quanto è merso dal Rapporto 2016 della Consob, Commissione che vigila sui mercati azionari, sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane. Il rapporto ha rivelato anche che l’investitore italiano non ha cultura finanziaria e non capisce i mercati, secondo l’identikit tracciato dalla Consob.

«Dopo il 2007»,recita il documento, «la composizione del portafoglio degli investitori italiani ha riflesso l’accresciuto interesse per depositi bancari e postali la cui incidenza sulle attività totali è passata dal 38% nel 2007 al 52% nel 2015 a fronte della diminuzione della quota di ricchezza detenuta in azioni (-43%) e titoli del debito pubblico (-23%)».

A fine 2015, in particolare, la quota di famiglie che possedeva almeno un prodotto finanziario si è attestata al 50% del totale a fronte del 55% nel 2007. Gli elementi chiave che incoraggiano la partecipazione ai mercati finanziari sono la possibilità di acquistare prodotti con capitale e rendimento minimo garantito e la fiducia negli intermediari (come riferito, rispettivamente, dal 72 e dal 53% degli investitori (mentre la mancanza di risparmi da investire (60%), il timore di incorrere in perdite in conto capitale (20%), l’esposizione agli andamenti di mercato (15%) e la mancanza di fiducia negli intermediari (+ del 10%) sono i fattori che hanno disincentivato la partecipazione ai mercati.

Il 24% degli intervistati decide in maniera autonoma i propri investimenti, il 38% segue i suggerimenti di familiari e colleghi, il 28% chiede consiglio a un professionista e solo il 10% delega un esperto. Il ricorso alla consulenza professionale cresce all’aumentare della cultura finanziaria.

Intanto, la ricchezza delle famiglie è cresciuta nell’Eurozona mentre in Italia si è fermata. La crisi non ha eroso lo stock di risparmio ma ha inciso sulla capacità degli italiani di creare nuova ricchezza. Secondo il rapporto Consob, una maggiore percezione del rischio e un minore interesse per gli investimenti finanziari continuano a orientare le preferenze delle famiglie verso prodotti liquidi (circolante e depositi), prodotti assicurativi e fondi pensione, a fronte di una contrazione del peso di azioni e obbligazioni. Un andamento simile si registra anche in Italia dove i fondi comuni hanno registrato tuttavia un netto recupero. Per quanto riguarda le passività finanziarie, nell’eurozona la posizione delle famiglie è rimasta solida, come emerge anche dalla leggera diminuzione, a partire dal 2013, dell’incidenza del debito sia sulle attività finanziarie sia sul Pil (rispettivamente 32 e 61% a fine 2015). I dati per l’Italia rimangono stabilmente inferiore alla media dell’area euro attestandosi, rispettivamente al 23 e al 43% nel 2015 malgrado il differenziale si sia ridotto nel corso degli ultimi anni. I prestiti bancari alle famiglie, dopo aver registrato una significativa contrazione negli anni precedenti, a partire dalla fine del 2014 mostrano graduali segni di ripresa grazie al contributo positivo sia dell’offerta che della domanda e alla costante diminuzione dei tassi.

Comunque il rapporto della Consob racconta anche la scarsa cultura finanziaria degli italiani. Solo 4 su 10 hanno le conoscenze per investire. La stragrande maggioranza degli intervistati non comprende, ad esempio, il concetto di tassi di interesse negativi. Un altro dato che emerge dal rapporto Consob è la grande avversione al rischio. La metà circa degli italiani identifica io rischio con la possibilità di subire perdite in conto capitale, il 25% con la variabilità dei rendimenti, il 20% con la possibilità di conseguire rendimenti inferiori a quelli attesi e con l’esposizione alla congiuntura dei mercati. La percezione del rischio sembra essere correlata alla cultura finanziaria: i soggetti con minori conoscenze finanziarie tendono a dare enfasi al rischio di non comprendere le informazioni ricevute e di ricevere un’insufficiente tutela legale mentre le persone più esperte sono più spesso sensibili ai trend di mercato e al rischio di liquidità.

L’investitore italiano non ha cultura finanziaria e non capisce i mercati, secondo l’indagine Consob, «le famiglie italiane hanno un basso livello di conoscenze finanziarie», con quasi il 60% che non possiede nemmeno i concetti di base. Solo poco più del 40% degli intervistati è in grado di definire correttamente alcune nozioni di base quali inflazione e rapporto fra rischio e rendimento». «Il livello di conoscenze finanziarie», ha spiegato la Consob, «è omogeneo tra i generi ed è più elevato per i soggetti più istruiti e i residenti nell’Italia settentrionale. Più del 20% degli intervistati dice di non avere familiarità con alcuno strumento finanziario.

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