Carige, Berneschi tenta l’arrocco e punta sull’ingresso di Unipol

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La lunga estate calda di Carige terrà sulla corda tutti i protagonisti di uno scontro senza precedenti nella storia finanziaria genovese. E l’ipotesi di aprire il capitale della banca dei liguri all’Unipol, a cui lavora riservatamente da tempo il presidente Giovanni Berneschi, è solo l’ultimo capitolo di una storia il cui finale è ancora tutto da scrivere.
I protagonisti sono due, il presidente della Fondazione Carige Flavio Repetto, l’imprenditore a capo del gruppo dolciario Elah-Dufour-Novi, azionista di riferimento della banca con una quota del 47%, e il presidente della banca Carige. Il primo coltiva da sempre rapporti di alto livello con la finanza e con la politica, si divide con una passione calvinista fra il suo ufficio di Novi Ligure e le stanze della Fondazione; il secondo ha dalla sua il mondo delle imprese genovesi e liguri che a lui guardano ogni volta che sullo sfondo prende corpo un nuovo progetto. Non c’è operazione economica e finanziaria ligure (e non solo), infatti, che non transiti dal suo ufficio, dal parco scientifico e tecnologico degli Erzelli alle nuove opere portuali, passando per il finanziamento ai piani di sviluppo degli armatori e alle grandi opere infrastrutturali.
Tutto passa di lì, anche quelle operazioni più difficili che probabilmente
istituti di valenza nazionale terrebbero in stand by e che invece Berneschi appoggia e sostiene. Per anni, la convivenza è serena, la Fondazione svolge il suo compito di azionista, la banca continua a crescere fino a diventare la quinta banca italiana per capitalizzazione di Borsa. Ma la crisi, che non ha risparmiato il mondo finanziario, riduce i margini
di Carige, istituto che pure ha «fondamentali eccellenti», come ripetono Berneschi e Repetto, mentre il titolo azionario continua a scendere. E oggi veleggia attorno ai 40 centesimi (meno 75% in due anni). La scorsa settimana si consuma il primo atto di un divorzio che appare ormai inevitabile: cinque consiglieri di Carige indicati dalla Fondazione si dimettono,
invocando il cambio di governance. Due giorni dopo, i cinque vengono seguiti da tre consiglieri del socio francese Bpce, titolare di un pacchetto azionario del 10%. Totale otto, quanto basta per far decadere il consiglio e nominarne uno nuovo. Sarà la nuova assemblea a stabilirlo, probabilmente a settembre. Nel frattempo, però, c’è una banca da sostenere nel suo momento più difficile, con un aumento di capitale da 800 milioni di euro, sostanzialmente imposto da Bankitalia per rafforzare il patrimonio. Un obiettivo che la Fondazione intende perseguire senza alcuna iniezione di liquidità, ma soltanto attraverso una politica di cessioni di partecipazioni e immobili “no core”, la vendita della società di gestione del risparmio Sgr (già realizzata con la cessione ad Arca Sgr per 101 milioni di euro) e soprattutto delle due società assicurative. Dal 2007 al 2012, infatti, l’ente ha iniettato dentro la banca poco meno di 700 milioni di euro, l’ultimo esercizio non ha incassato un centesimo di dividendo e non è più disponibile a intervenire ancora. La banca condivide l’impostazione ma il suo presidente, Giovanni Berneschi comincia a guardare a nuove soluzioni e individua in Unipol il possibile partner, attraverso un aumento di capitale riservato. La partita è solo all’inizio.

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