Carige, le lettere dell’Authority sui conti in rosso delle polizze

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Flashback.«Caro Presidente, sono a pregarLa di un suo indirizzo. ChiedendoLe scusa per lo sfogo, gradisca i più cordiali saluti». La lettera, «Riservata-Personale», è del 22 novembre 2001; la firma è di Giovanni Berneschi, numero uno di Banca Carige. Destinatario è Gianni Manghetti, l’allora presidente dell’Isvap, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni.
Sembra vintage ma è un documento di spinosa attualità, in cui il banchiere cerca di spiegare a un’incalzante Isvap gli sforzi fatti per risanare Carige Assicurazioni (allora Levante). «Ho assunto la carica di presidente — scriveva accorato Berneschi — per contribuire al risanamento … nel nostro incontro romano credevo di aver rappresentato il punto di vista dell’azionista …. assumere il controllo al 100% della società e darci un po’ di tempo per il definitivo rafforzamento». Un po’ di tempo… Allora l’Isvap stimava carenze delle riserve tecniche per 129 miliardi di lire.
Veniamo a oggi. Vendere le compagnie assicurative, Carige Vita e Carige Assicurazioni, è uno dei cardini del piano di rafforzamento patrimoniale da 800 milioni. Non sarà facile. E non aiuta la fama che si portano dietro, cioè di essere un covo di sorprese.
Lunedì i pm milanesi hanno trasmesso alla Procura genovese, che già aveva acquisito i verbali ispettivi di Bankitalia, una relazione dell’Ivass su Carige Assicurazioni. L’anno scorso l’Authority delle assicurazioni bastonò la compagnia con un verbale di una trentina di pagine che ilCorriere ha visionato. C’è un passaggio durissimo per chi vende polizze ed è controllato da una banca quotata in Borsa: «Codesta società non dispone di un margine di solvibilità sufficiente per la complessiva attività svolta nonché della quota minima di garanzia e le riserve tecniche costituite non sono sufficienti a far fronte agli impegni derivanti dai contratti di assicurazione».
L’anticamera dell’amministrazione straordinaria che l’Isvap infatti minaccia per iscritto. Poi arriva la banca con 213 milioni e sistema il «buco». Ma l’Ivass, emanazione di Bankitalia, marca stretto i genovesi: in luglio ha inviato due lettere di richieste di chiarimenti su governance, remunerazioni, gestione delle riserve ecc.
L’altro ieri le due compagnie hanno diffuso una nota per dire che i rilievi dell’Ivass «riguardano gestioni precedenti a quelle attuali» e «sono stati oggetto di chiarimenti con le Autorità di vigilanza». In realtà sono più di 10 anni che cambiano i manager ma è sempre Banca Carige a tenere molto corte le redini del comando. E comunque i rilievi della Vigilanza assicurativa toccano anche la gestione del 2012.
Ma è curioso notare come uno dei più violenti j’accuse arrivi proprio dal principale responsabile della pessima gestione dello scorso decennio, «scaricato» nel 2009: Ferdinando Menconi, a lungo presidente e amministratore delegato delle compagnie oltre che ex consigliere della banca e della Fondazione Carige.
È un piccolissimo azionista (la banca ha il 99,9%). In un memoriale letto un anno fa in assemblea, e ribadito quest’anno, il manager assicurativo afferma di aver già da tempo messo in guardia il vertice da «anomalie rilevanti nella conduzione e nella scelta di persone» e da «una certa malafede di alcuni addetti». Insinua che la gestione avvenga al di fuori dell’organigramma ufficiale e denuncia l’esistenza di «una miriade di costosi consulenti». Si dichiara anche pronto ad «avvisare le Autorità di controllo». Poi vota contro il bilancio. Berneschi non può far altro che invitarlo a portare il più presto possibile le prove di quello che afferma. Forse il dossier Menconi è tra quelli finiti in Procura.

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