Cassa depositi: conti in ordine per sostituire Mediobanca

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La Cassa depositi e prestiti festeggia un doppio risultato positivo. Aver chiuso i conti del 2012 in attivo infatti ha un sapore decisamente migliore se questa prestazione è superiore a quella registrata dall’omologa francese, la Caisse des dépôts et consignations, eterna rivale nel campo degli interventi pubblici fra i Paesi fondatori dell’Ue.

Il sorpasso della Cdp sulla Caisse – il secondo consecutivo in due anni – arriva nel momento in cui si concentrano diverse indiscrezioni sul ruolo che la controllata del Tesoro potrebbe avere nel rilevare l’eredità di Mediobanca.

Adesso infatti che Pagliaro e Nagel, presidente e amministratore delegato dell’ex regno di Enrico Cuccia, vogliono abbandonare i salotti e concentrarsi sui rami retail di Compass e CheBanca, sono partite le scommesse sul destino delle cosiddette partecipazioni di sistema detenute da Mediobanca, da Rcs a Telecom.

Sotto la gestione del Presidente Bassanini e dell’ad Gorno Temprini, la Cdp ha guadagnato nel 2012 2,8 miliardi di euro, incrementando gli asset fino a raggiungere 305 miliardi (i francesi invece sono riusciti a raddoppiare le perdite, fino a 458 milioni di euro, nonostante un aumento dei ricavi di 25 milioni, ndr). Merito anche della diversificazione dell’attività, che si è estesa dalla tradizionale raccolta postale al social housing, passando per una maggiore presenza nel settore industriale.

Un boccone così ghiotto non può passare inosservato, se è vero che nei mesi scorsi L’Espresso aveva anche rilanciato l’ipotesi che la Cdp diventasse regista dell’eventuale fusione di Mps ePoste Italiane. Non stupisce, dunque, che in questi giorni il Wall Street Journal individui proprio nella cassa il “salvadanaio” ideale, per dimensioni e solidità, per fa confluire le partecipazioni fortemente volute da Cuccia per la sua Mediobanca (liberandosene, l’istituto incasserebbe circa 1 miliardo e mezzo di euro).

Considerando la composizione del cda della Cassa depositi e prestiti, della quale il Ministero dell’Economia detiene l’80,1%, sarebbe come dire che molte società tornerebbero all’ovile (vedi l’ex monopolista Telecom) e altre sarebbero salvate dallo Stato, come Rcs. Chi vivrà vedrà, ma qualunque strada prendano le partecipazioni Mediobanca, sembra essere comunque arrivata la fine di un’era.

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