Chi percepisce compensi superiori ai 5000 euro annui è tenuto ad aprire una partita Iva e ad emettere fattura su cui riportare l’imposta sul valore aggiunto
Chi ha un’attività di lavoro autonomo o professionale in Italia con compensi superiori ai 5mila euro annui è tenuto ad aprire una partita Iva, ad emettere fattura su cui riportare l’imposta del valore aggiunto e a tenere i registri contabili.
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Chi ha un’attività di lavoro autonomo o professionale in Italia con compensi superiori ai 5mila euro annui è tenuto ad aprire una partita Iva, ad emettere fattura su cui riportare l’imposta del valore aggiunto e a tenere i registri contabili. Chi opera con un Paese dell’Unione europea, deve avere la partita Iva comunitaria? A che serve e come si richiede, nel caso in cui sia necessaria?

Per ottenere la partita Iva comunitaria c’è qualche procedura diversa rispetto a quella da seguire per aprire quella normalmente richiesta per operare a livello nazionale. Vediamo.

La partita Iva comunitaria è quella che agevola e che consente gli scambi di beni e di servizi tra aziende e operatori dei Paesi appartenenti all’Unione europea. È preceduta dalla sigla del Paese in cui viene rilasciata e da un numero di cifre che varia da uno Stato all’altro.

Per sapere se la partita Iva comunitaria che è stata rilasciata è valida, basta utilizzare l‘apposito servizio sul sito dell’Agenzia delle Entrate oppure consultare la sezione del sistema elettronico di scambio di dati del sito della Commissione europea, nella sezione «verifica Iva comunitaria».

Come chiedere la partita Iva comunitaria?

Bisogna dire, innanzitutto, che per poter effettuare degli scambi commerciali nell’Ue, infatti, è necessario essere iscritti ad un registro chiamato Vat Information Exchange System, noto come Vies. Se vogliamo definirlo così, è come se fosse un gigantesco Registro delle imprese a livello comunitario.

Prima di richiedere la partita Iva dell’Ue, bisogna compilare il modulo di dichiarazione di inizio attività, specificando di voler effettuare operazioni all’interno dell’Unione. Se si tratta di un soggetto diverso da una persona fisica, va compilato il Quadro I del modulo AA7, mentre se si tratta di un lavoratore autonomo, di un libero professionista o di una ditta individuale, occorrerà compilare il Quadro I del modulo AA9.

Con la presentazione di questi moduli all’Agenzia delle Entrate si viene iscritti al Vies, cioè alla banca dati fiscale europea che contiene tutte le partite Iva comunitarie e che consente all’Agenzia delle Entrate di controllare l’attività dei soggetti iscritti, nonché di scambiare le informazioni utili con le amministrazioni finanziarie degli altri Stati dell’Unione.

Se il soggetto ha già una partita Iva italiana, deve presentare solo la richiesta di iscrizione al Vies in via telematica, utilizzando il portale web dell’Agenzia delle Entrate. La domanda può essere presentata sia personalmente sia tramite un intermediario abilitato.

Partita Iva comunitaria: cos’è l’elenco Intrasat?

Altra particolarità della partita Iva comunitaria riguarda l’Intrasat. Si tratta di un modello in cui vengono riepilogate tutte le operazioni avvenute in un determinato periodo con soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro dell’Unione europea. Vengono indicate, in pratica, le cessioni intracomunitarie di beni, le prestazioni di servizi e gli acquisti intracomunitari effettuati.

A tal proposito, bisogna presentare all’Agenzia delle Dogane il modello Intrasat con cadenza:

  • mensile se le operazioni nei quattro trimestri precedenti o effettuate nel corso del trimestre superano la soglia di 50.000 euro;
  • trimestrale se tale limite non viene superato.

Come fatturare le operazioni intracomunitarie?

La modalità di fatturazione degli scambi di beni o di servizi effettuati all’interno dell’Unione europea con la partita Iva comunitaria cambia a seconda dell’operazione.

Ad esempio, la cessione di beni si applica il regime di tassazione «a destinazione»: l’Iva dovrà essere assolta nello Stato europeo in cui finirà il bene ceduto, se l’acquirente è un soggetto passivo identificato Iva in tale Stato.

Per quanto riguarda, invece, l’acquisto di beni provenienti da uno Stato Ue, c’è rilevanza Iva in Italia: si dovrà integrare la fattura ed annotarla sia sul registro Iva vendite sia sul registro acquisti.

Per la prestazione di servizi a soggetti dell’Unione europea:

  • se si tratta di un’operazione B2B, cioè business to business, la tassazione avviene nel Paese in cui si trova il committente del servizio. Pertanto, la fattura non deve riportare l’addebito Iva ma la dicitura «operazione effettuata ex articolo 7-ter del D.P.R. n. 633 del 1972»;
  • se si tratta di un’operazione B2C, cioè business to consumer, la tassazione avviene nel Paese di chi presta il servizio e, di conseguenza, bisognerà emettere una fattura con l’addebito dell’Iva.

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