E’ possibile ritenere usurari anche gli interessi moratori?
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Tribunale di Reggio Emilia, 24 febbraio 2015

Con la recente sentenza del 24 febbraio 2015 il tribunale di Reggio Emilia si è soffermato con attenzione sull’analisi di alcuni profili della materia, rilevando: (i) la possibilità di ritenere usurari non solo gli interessi corrispettivi, ma separatamente anche gli interessi moratori; (ii) sulle eventuali conseguenze di una possibile usura dei soli interessi moratori.

In ordine alla prima questione, il Tribunale di Reggio Emilia ha così argomentato: «deve certamente darsi atto alla difesa dei convenuti che la tesi dell’estraneità della normativa antiusura alla materia degli interessi moratori, può essere supportata da seri argomenti letterali e sistematici, posto che la figura tipica dell’usura è quella disegnata dall’art. 644 c.c., il cui esplicito riferimento a ciò che viene dato o promesso “in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità”, sembra circoscrivere il fenomeno usurario alla pattuizione di interessi corrispettivi; e che una conferma di ciò può essere ricavata anche dall’art. 19 paragrafo 2 della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, il quale espressamente esclude dal calcolo del taeg eventuali penali per inadempimento. Non peregrina, quindi, è la soluzione, seguita da una parte della giurisprudenza di merito, che ritiene di meglio armonizzare i principi dell’ordinamento e la necessità di effettuare uno scrutinio anche sull’ammontare degli interessi moratori, non già utilizzando la normativa sull’usura; ma riconducendo la previsione contrattuale di interessi moratori nell’alveo delle clausole penali, con conseguente applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, del potere equitativo di riduzione attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c. Ciò posto e ribadita la serietà della tesi sopra esposta, ad avviso di questo Giudice è però preferibile la diversa ricostruzione che ritiene configurabile l’usura anche con riferimento agli interessi moratori. Sul punto, pare infatti decisivo il riferimento operato dall’art. 1 D.L. 394/2000 agli interessi “convenuti a qualunque titolo”, ciò che consente di considerare ricompresi nell’ambito della normativa antiusura anche gli interessi moratori».

Premesso ciò, il Tribunale ha precisato inoltre che: «E’ questa, d’altro canto, la posizione della giurisprudenza di legittimità, che sin dalla sentenza di Cass. n. 5286/2000 ha statuito che “non v’è ragione per escluderne l’applicabilità anche nelle ipotesi di assunzione dell’obbligazione di corrispondere interessi moratori”, atteso che “il ritardo colpevole non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla legge” (nello stesso senso anche le successive Cass. n. 14899/2000, Cass. n. 8442/2002, Cass. n. 5324/2003, Cass. n. 10032/2004, Cass. n. 9532/2010, Cass. n. 11632/2010, Cass. n. 350/2013). La tesi, che si è detto consolidata nella giurisprudenza di legittimità, è poi stata avallata anche dalla Corte Costituzionale, che con la pronuncia n. 29/2002 ha ritenuto “plausibile” l’assunto “secondo cui il tasso soglia riguardasse anche gli interessi moratori».

Pertanto, in ordine al primo profilo il Giudice emiliano ha così concluso: «in ragione della sua intrinseca persuasività e comunque per un doveroso rispetto della funzione di nomofilachia della Corte di Cassazione, questo Giudice intende conformarsi, applicando il principio di diritto in base al quale il tasso soglia al di là del quale gli interessi sono considerati usurari, riguarda non solo gli interessi corrispettivi, ma anche quelli moratori».

Per quanto concerne, invece, il secondo aspetto, ossia le conseguenze di una separata ed autonoma analisi dell’eventuale superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi e moratori, il Giudice ha ritenuto opportuno chiarire che: «Sul punto occorre muovere dal differente inquadramento giuridico degli interessi compensativi e degli interessi moratori, avendo essi autonoma e distinta funzione: i primi rappresentano infatti il corrispettivo del mutuo, mentre i secondi assolvono ad una funzione risarcitoria, preventiva e forfettizzata, del danno da ritardo nell’adempimento. Dalla distinzione ontologica e funzionale tra gli istituti, discende la necessità di isolare le singole clausole dal corpo del regolamento contrattuale ai fini della declaratoria di nullità, o meglio, di riconoscere che l’unico contratto di finanziamento contiene due distinti ed autonomi paradigmi negoziali destinati ad applicarsi in alternativa tra loro in presenza di differenti condizioni: l’uno fisiologico e finalizzato alla regolamentazione della restituzione rateale delle somme mutate; l’altro solo eventuale ed in ipotesi di patologia del rapporto, nel caso di inadempimento del mutuatario, evenienza al verificarsi della quale è ragionevole ritenere che diversamente si atteggi la volontà delle parti. Da ciò discende che l’eventuale nullità della seconda pattuizione, relativa al caso di inadempimento ed alla patologia del rapporto, non pregiudica la validità della prima pattuizione, relativa alla fisiologia del rapporto. Se dunque gli interessi corrispettivi, convenuti entro il tasso soglia, continuano ad essere dovuti nel rispetto del piano di ammortamento rateale, l’invalidità della clausola contrattuale concernente la mora, in rigorosa applicazione della sanzione posta dal combinato disposto dagli artt. 1815 comma 2 c.c. e 1419 c.c., determina la non debenza degli interessi moratori, ma solo di tali interessi, senza che ciò comporti la conversione in mutuo gratuito di un mutuo contenente interessi moratori usurari; tanto più che, ex art. 1224 comma 1 c.c., in mancanza di tasso di mora, s’applica comunque quello corrispettivo o legale».

In definitiva, il Tribunale emiliano ha ritenuto che il tasso soglia, superato il quale gli interessi sono considerati usurari, riguarda non solo gli interessi corrispettivi, ma separatamente anche quelli moratori.

In ordine a questi, tuttavia, la declaratoria di nullità di cui all’art. 1815 c.c., che interviene in caso di rilevata usurarietà del tasso di mora, non consente di travolgere anche la pattuizione degli interessi corrispettivi, laddove questi, isolatamente considerati, siano rispettosi del tasso soglia.

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