«Ecco la road map della nuova Bpm»

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«La priorità è l’aumento di capitale, per mille motivi. Ma per presentarci al mercato, prima dobbiamo approvare il bilancio 2013, definire il piano triennale e apportare le modifiche alla governance che il mercato stesso, oltre alla Vigilanza, ci chiede». La road map di Giuseppe Castagna, da martedì consigliere delegato e direttore generale della Banca Popolare di Milano, è già definita. Perché, come spiega a Il Sole 24 Ore alla sua prima intervista da amministratore delegato, di fatto è stata una delle condizioni che ha posto per prendere in mano le redini di Piazza Meda: «Non lo avrei fatto – spiega – se non mi fosse stato assicurato che c’è l’impegno di tutti a fare quanto occorre per portare a buon fine l’aumento». Un’operazione che il manager ex Intesa conta di avviare «il più in fretta possibile», non appena arriverà il via libera da parte dell’assemblea dei soci alla riforma dello statuto.
Dottor Castagna, in passato quando si è parlato di modificare la governance la banca si è trovata subito paralizzata. Non capiterà anche questa volta?
Non credo. C’è un nuovo Consiglio di Sorveglianza, c’è un nuovo Consiglio di Gestione e c’è un clima diverso. C’è lo spazio per apportare le modifiche necessarie.
Quali?
Quello che ci chiede il mercato e la Vigilanza: fare in modo che i soci di capitale non si vedano sacrificati, pur nel rispetto di un modello cooperativo che pone al centro tutti i soci, siano essi clienti, dipendenti o, appunto, azionisti.
In pratica, ha in mente una popolare bilanciata?
No, piuttosto una popolare “nuova”. Ma ci stiamo lavorando, il CdG è all’opera ed è prematuro andare più a fondo per il momento. Credo che alcune modifiche allo statuto siano necessarie, soprattutto per dare agli investitori istituzionali quel peso che meritano e che devono permettere loro di puntare su di noi senza essere penalizzati.
E l’aumento di capitale?
Stiamo lavorando anche su questo punto. Peraltro, nel momento in cui avremo fatto ciò che anche Banca d’Italia ci chiede sul fronte della governance, a quel punto ci auguriamo che possa risolversi nel migliore dei modi la questione relativa agli add on. Tolto questo freno, avremo un Core Tier 1 che, includendo l’aumento di capitale, passerà dal 7,25% ad oltre il 10%. In pratica saremo una delle banche più patrimonializzate d’Italia. Non ci aspettiamo che la rimozione degli add on sia automatica, perché spetta solo a Bankitalia, ma dare un segnale in questo senso potrebbe permetterci di avere risultati importanti.
Nel contratto con il consorzio di garanzia per l’aumento di capitale esistono però delle penali nel caso in cui Bpm non proceda ad una riforma della governance nella direzione di un Spa.
Onestamente non ne ho notizia, ma non credo sia giusto che ci siano penalizzazioni se facciamo comunque ciò che ci viene chiesto, ovvero una riforma della governance. Anche se non ho parlato ancora con i quattro coordinatori dell’aumento (Mediobanca, Barclays, Jp Morgan e Deutsche Bank, ndr), so che ci sono molte altre banche che sarebbero pronte ad appoggiarci in questo percorso. Per questo sono sicuro che i nostri interlocutori continueranno a collaborare con noi.
Investindustrial di Andrea Bonomi parteciperà all’aumento?
Me lo auguro. Per ora ha deciso di rimanere fuori dalle discussioni interne ma per noi rimane un investitore importante, speriamo che resti nella nostra compagine azionaria.
Vede possibili aggregazioni?
Siamo una banca forte, e solo dopo che avremo fatto i compiti a casa valuteremo. Tuttavia non c’è alcun dossier aperto.
Qual è il clima che si respira in Consiglio di Gestione?
Ottimo. Ho conosciuto il presidente Mario Anolli, che ritengo una persona molto qualificata e con cui mi sono trovato subito in grande sintonia. Lo stesso vale anche con gli altri membri del board. Sembrerà banale ma la sensazione è quasi di lavorare in Bpm da tempo, non di esservi appena entrato.
E con Giarda, qual è stato il tema del confronto in quella lunga giornata finale di trattative?
Al contrario di ciò che si è detto, non c’è stata alcuna discussione sull’aspetto della remunerazione, che invece era già stato definito. Si è invece ragionato sul ruolo della direzione generale, a cui tenevo perché ritengo sia indispensabile essere a contatto con tutta la prima linea dirigenziale in una fase importante e di svolta come quella che stiamo affrontando.
A proposito di organigramma, ha in mente di inserire qualche nuovo manager?
È ancora prematuro dirlo. Certo la top line di Bpm è composta da professionisti seri, e al momento manca all’appello solo la casella del Chief financial officer. Non abbiamo ancora valutato se è meglio che conservi io la delega oppure no.
Qual è la Bpm che ha in testa?
Bpm è una banca territoriale, che opera in un territorio ricco. Dobbiamo rafforzare questa identità di banca retail, proiettata su Pmi e famiglie, pur senza perdere di vista il large corporate. Nel contempo dovremo rafforzare l’offerta multicanalizzata, lasciando al cliente decidere la modalità con cui raggiungerci.
In settimana ha già incontrato un’ampia delegazione di dipendenti. Qual è il suo messaggio per loro?
Sul fronte dei costi è già stato fatto molto: non bisogna abbassare la guardia ma ora dobbiamo focalizzarci sui ricavi. Le sfide che abbiamo davanti sono tante, ma avverto un forte entusiasmo, una grande voglia di cambiare da parte di tutta la rete. È l’ora di mettere da parte le preoccupazioni e di tornare a fare banca come si deve.

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