Escluso l’anatocismo se vi è periodicità nel calcolo degli interessi
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Tribunale di Milano, 22 gennaio 2014, n. 875

Con sentenza del 22 gennaio 2014 n. 875, il Tribunale di Milano è tornato ad affrontare alcune delle principali eccezioni tipiche del contenzioso bancario, tra cui l’usurarietà degli interessi e l’anatocismo.

La controversia trova la sua genesi nelle domande attoree di rideterminazione del saldo di un contratto di conto corrente e di un contratto di mutuo, che a dire della controparte avrebbero generato un fenomeno di anatocismo e di usura.

In tale contesto, con riferimento all’anatocismo il Tribunale meneghino ha affermato che: “rilevato come il contratto inter partes, stipulato nel 2006, preveda con clausola specificamente sottoscritta dal correntista la pari periodicità della capitalizzazione degli interessi creditori e debitori, in conformità a quanto richiesto dall’art. 120 secondo comma TUB e dalla richiamata Delibera C.I.C.R. del 9.2.2000, per cui non può trovare accoglimento la contestazione relativa all’addebito di interessi anatocistici, considerato come la prassi seguita dalla banca  sia risultata conforme alla disposizione normativa“.

Dopodiché, con riferimento alla doglianza relativa all’illegittimità del piano di ammortamento alla francese, il Giudice ha ritenuto opportuno ricordare che: “tale sistema matematico di formazione delle rate  risulta in verità predisposto in modo che in relazione a ciascuna rata la quota di interessi ivi inserita sia calcolata non sull’intero importo mutuato, bensì di volta in volta con riferimento alla quota capitale via via decrescente per effetto del pagamento delle rate precedenti, escludendosi in tal modo che, nelle pieghe della scomposizione in rate dell’importo da restituire, gli interessi di fatto vadano determinati almeno in parte su se stessi, producendo l’effetto anatocistico contestato. Né può parlarsi di anatocismo illegittimo con riferimento all’addebito di interessi moratori su rate scadute, ma non tempestivamente pagate, dal momento che con riferimento a tale addebito il contratto di mutuo prevede espressamente che gli interessi moratori vadano calcolati sull’intera rata (e quindi anche sulla quota di essa imputata a interessi corrispettivi), salvo escludere che gli interessi moratori così calcolati possano a loro volta produrre nuovamente frutti, il tutto in piena conformità con quanto previsto dall’art. 3 della delibera C.I.C.R. del 9.2.2000“.

Infine, in ordine ai profili di usura sottoposti al suo esame, il Tribunale di Milano ha chiarito che: (i) con riferimento all’usura oggettiva, “è sufficiente rilevare come il rilievo risulti essere stato articolato in forza di una consulenza di parte che dichiaratamente pretende di riscontrare il Tasso Effettivo Globale sulla base di formule differenti da quelle adottate dalla Banca d’Italia e in riferimento alle quali risulta rilevato il Tasso Effettivo Globale e, di riflesso, il Tasso Soglia; tale rilievo evidenzia l’inattendibilità dei conteggi dei conteggi prospettati dalla difesa attorea, rendendo inammissibile in quanto esplorativa una consulenza tecnica di ufficio di tipo contabile“; (ii) in ordine, invece, all’usura soggettiva, “la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria del cliente della banca, di per sé considerata, non vale infatti a dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento, così come lo stesso non può essere desunto sic et simpliciter dalla misura elevata del tasso di interesse pattuito, considerato come risponda alle più elementari regole di mercato che i tassi di interesse applicati dagli intermediari finanziari oscillino in rapporto inversamente proporzionale rispetto alla solidità economica del cliente, essendo collegati al rischio imprenditoriale corso dal mutuante di non riuscire a ottenere la restituzione di quanto erogato“.

E’ dunque da escludersi che possa configurarsi un’ipotesi di anatocismo nel caso in cui si verifichi la medesima periodicità nell’applicazione degli interessi attivi/passivi, ovvero nell’ipotesi di applicazione di un piano di ammortamento alla francese.

Del pari, con riferimento all’usura, la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica, o finanziaria, del cliente, non può valere a dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento, così come lo stesso non può essere desunto sic et simpliciter dalla misura elevata del tasso di interesse pattuito, che in ogni caso rientra nei limiti previsti.

Articolo tratto da

iusletter

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