Fondi alle imprese? Le banche chiedono meno tasse

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Quarantuno pagine per illustrare cosa le banche hanno fatto e fanno e cosa chiedono – l’alleggerimento del carico fiscale – per essere più competitive. È il documento consegnato dall’Abi (associazione delle banche) al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ieri ha partecipato alla riunione del consiglio direttivo dell’associazione.

«Non chiediamo privilegi ma di rimuovere le discriminazioni: l’Europa è una, l’economia è unica, le regole per le banche pure, quindi se si innescassero delle difformità di natura fiscale esploderebbero delle contraddizioni con ricadute gravi per l’economia e l’occupazione» ha detto il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli.
Il ministro, secondo quanto hanno riferito i banchieri presenti, non ha alzato barricate ma anzi si è detto disponibile ad approfondire i problemi e a proseguire il dialogo. Le misure del decreto Competitività del governo interessano indirettamente anche le banche perché «favoriscono gli investimenti produttivi e quindi determineranno un aumento della domanda di credito» avrebbe aggiunto Padoan. Il quale darà con ogni probabilità la sua risposta alle richieste del mondo creditizio nel suo intervento all’assemblea annuale dell’Abi, in programma per il 10 luglio.
«Attendiamo buone richieste da parte delle imprese per buoni investimenti che diano impulso alla ripresa economica», ha aggiunto Patuelli che all’indomani della stoccata del presidente del Consiglio Matteo Renzi («le banche non hanno più alibi per non dare credito alle imprese») ha ribadito che gli istituti «vogliono fruire in maniera costruttiva» delle risorse che la Bce metterà a disposizione da settembre prossimo.
E veniamo al fisco: la tassazione sulle banche italiane e su quelle estere operanti in Italia, dice l’Abi, è «nettamente superiore», 15 punti percentuali in più, di quella negli altri mercati bancari europei. In particolare l’applicazione dell’addizionale Ires di 8,5 punti percentuali per il 2013 ha portato l’aliquota complessiva dovuta dalle banche al 36%, rispetto a quella delle altre imprese ferma al 27,5%. Le aziende di credito lamentano poi le penalizzazioni sui prodotti, ricordando che dal primo luglio di quest’anno sarà applicata la nuova aliquota del 26%, destinata a sostituire quella del 20%, applicabile alla generalità dei prodotti di risparmio, con l’eccezione dei titoli di Stato e di quelli ad essi equiparati ai fini fiscali. «La nuova maggiore aliquota rischia inevitabilmente – si legge nel documento – da un lato, di amplificare alcune criticità dell’impianto normativo, e dall’altro, di disincentivare sempre di più l’afflusso di capitali esteri nel nostro Paese».
Sul fronte delle cose fatte, «nonostante la crisi», il documento dell’Abi mette in primo piano lo sforzo fatto dalle banche per ricapitalizzarsi, «senza aiuti dello Stato», a differenza di quanto è avvenuto altrove: 40,6 miliardi, di cui 9,1 in corso di attuazione, dal 2009.

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