Generali si «sgancia» dai grandi soci

Sarà l’assemblea della svolta quella delle Generali, martedì alla stazione marittima di Trieste. Molti i segnali, anche simbolici: dalla scelta del giorno feriale, a mercato aperto, al posto della grande festa del sabato finita per sempre; alla cancellazione della conferenza stampa finale, rito che ha sempre serbato qualche sorpresina.

I soci sono chiamati a rinnovare per tre anni un cda ridotto da 19 a 11 poltrone, con quattro donne, e il suo nuovo ad Mario Greco. E sarà un triennio diverso: per la prima volta dal dopoguerra, cioè da quando Mediobanca ha iniziato a esercitare il suo protettorato, la compagnia, con i suoi 450 miliardi di riserve, conquista la piena autonomia. Lo simboleggerà anche l’assenza da Trieste, per la prima volta dopo tre lustri, di Alberto Nagel, oggi ad di Mediobanca, tagliato fuori dal cda per le norme sulle doppie poltrone.
Greco, pur scelto da Mediobanca – che con lo stesso Nagel è stata la più attiva nel voler rinnovare il cda, introducendo anche i limiti d’età – d’intesa con i grandi soci, è un manager che arriva dall’esterno e che quindi, a differenza dei suoi predecessori, non ha debiti di riconoscenza interni né particolari legami relazionali. I soci gli hanno dato la fiducia ed egli è libero di fare quel che vuole fin quando gli stessi non gliela toglieranno. È semplice, ma non banale. Sembra l’uovo di Colombo della spa ad azionariato diffuso, invece è una conquista che fa finalmente di Generali una società «normale».
Nel suo passato c’è un duro scontro con Corrado Passera, quando Greco faceva l’assicuratore del Sanpaolo ma aveva idee diverse dal grande capo e dovette andarsene. Nel suo presente una dialettica già molto viva con Nagel, senza il quale Greco vivrebbe ancora a Zurigo. Eppure non ha avuto problemi a non dare per scontato il sostegno a due partite molto care a Piazzetta Cuccia, quali Prelios ed Rcs, per i quali Generali dovrebbe sottoscrivere pro-quota i rispettivi aumenti di capitale. Né ha avuto troppi timori reverenziali nel decidere le svalutazioni che hanno quasi azzerato l’utile 2012 delle Generali, a causa di 1,3 miliardi di write off solo nell’ultimo trimestre. Un giochino che per Mediobanca, che consolida l’utile delle Generali per la sua quota del 13,2%, significherà un taglio di 150-160 milioni nell’utile del 2013.
Poi c’è il tema delle operazioni con parti correlate, prese in esame da Greco al suo arrivo a Trieste, attraverso un’analisi ad hoc, eseguita dal comitato per il controllo interno. Traduzione: alzare il velo sugli investimenti delle Generali in attività riconducibili ai suoi soci. Su queste è stato dato molto rilievo ai veicoli finanziari dei soci veneti del gruppo Palladio guidato da Giorgio Drago e Roberto Meneguzzo. Si tratta, per la parte più rilevante, di 100 milioni di strumenti finanziari investiti, attraverso vari fondi, nella società Pfh1 e di 160 di «commitment» nel fondo Vei. Per quanto riguarda altri grandi soci, rimasti tra l’altro nel cda che sta per essere rinnovato (nel quale non ha più trovato rappresentanza il gruppo dei veneti), si è saputo meno. Ma il lavoro è stato fatto, tanto che sono stati predisposti i relativi prospetti analitici, con particolare riferimento agli «investimenti indiretti». Tra questi si è saputo dei 300 milioni investiti nei fondi di private equity del gruppo Dea Capital- De Agostini, socio rappresentato nel consiglio Generali da Lorenzo Pellicioli.
Meno noti gli impegni presi da Generali Immobiliare Sgr, che pure figurano nel prospetto preparato per Greco. Tra questi esistono, tra l’altro, tre fondi che fanno capo a IDea Fimit, la sgr del gruppo Dea Capital: nel fondo chiuso Ava (Atlantic value Added), scadenza 2019, sono investiti 25 milioni; nel fondo chiuso Rho, scadenza 2019, 10 milioni; nel fondo a raccolta di capitali Private Reale Estate, in scadenza nel 2013, 5 milioni. Nel prospetto compare anche il fondo Apple, di cui già erano emersi profili di parte correlata perché riguarda attività immobiliari di Francesco Gaetano Caltagirone, vicepresidente confermato delle Generali. Ad Apple fa capo il lotto residenziale completato nel 2011 a Tor Pagnotta dal gruppo Caltagirone (alloggi da locare con opzione di riscatto). La Sgr è quella del gruppo Finnat, Investire Immobiliare. Si tratta di un impegno di 100 milioni (più 60 di debito), che sono stati sostenuti per il 10% dalla stessa Finnat e per il 90% dalle Generali, nel 2010. I rapporti con le parti correlate non si fermano certo qui. Né si può prevedere quale peso futuro potranno avere e se mai l’avranno, nel rapporto tra soci e Generali, o nel futuro assetto della compagnia nella quale Mediobanca è destinata a scendere, anche per il rispetto di requisiti patrimoniali, dall’attuale 13,2 verso il 10 per cento. Ma di certo l’approccio di Greco nei confronti dei suoi soci e del suo cda sarà anche per questo più lineare e diretto. La società non potrà che giovarsene. E pure i soci che hanno investito a Trieste. Mentre il mercato potrà contare su una gestione delle partecipazioni più libera rispetto al passato da ogni tipo di condizionamento, reale o presunto che sia.

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