Il buono del tesoro poliennale è un ottimo scudo contro l’inflazione
Il buono del tesoro poliennale è il titolo più apprezzato dai risparmiatori perché difende dal rincaro del costo della vita, ma nello stesso tempo espone a perdite in conto capitale.
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Il buono del tesoro poliennale è il titolo più apprezzato dai risparmiatori perché difende dal rincaro del costo della vita, ma nello stesso tempo espone a perdite in conto capitale.

In realtà, anche il Btp Italia risente dell’andamento dei tassi in generale, quindi ad esempio delle tensioni innescate dall’ultima riunione della Bce, sebbene il meccanismo di trasmissione sia diverso rispetto ai Btp tradizionali.

Perdite teoriche se non si vende prima della scadenza

La prima cosa da sottolineare, per i Btp Italia come per tutti gli altri, è che le perdite sono solo teoriche, se non si vende prima della scadenza del titolo; che, giunto a fine corsa, viene sempre rimborsato a 100. E in linea di massima il risparmiatore retail compra per tenere il titolo fino a quando non viene rimborsato. Però è pur sempre possibile che si debba monetizzare prima della scadenza naturale del bond, e in questo caso rischiano di esserci brutte sorprese. Vediamo perché.

I titoli legati all’inflazione si muovono sulla base del rendimento reale, mentre gli altri Btp sono legati al rendimento nominale. Il tasso reale di un titolo è pari al tasso nominale meno le aspettative di inflazione: se il tasso nominale (dato dalla cedola) è pari al 4% e l’inflazione (o ancora meglio, le aspettative di inflazione) sono pari a 2,5%, il tasso reale di quel titolo è pari all’1,5%.  

Se il tasso nominale cresce più rapidamente delle aspettative di inflazione (come è successo dopo l’ultimo consiglio della Bce) allora anche il tasso reale aumenta. E di conseguenza il prezzo scende, come accade sempre nei titoli a tasso fisso (indicizzati o meno all’inflazione). Ecco perché anche il Btp Italia 2028 ha seguito le orme dei Btp tradizionali, e il prezzo è sceso.

Il confronto con gli altri Btp

Il Btp novembre 2028 indicizzato all’inflazione può essere raffrontato con il Btp che scade nel dicembre 2028: ebbene, quest’ultimo ha un rendimento del 3,88% mentre il Btp Italia ha un rendimento reale del 2,2% (senza considerare il premio di fedeltà e la parte di cedola aggiuntiva, legata appunto all’inflazione). Questo significa che il mercato sta considerando che a fine 2028 ci sia un’inflazione dell’1,68% (se al 3,88%, cioè il tasso nominale, sottraiamo il 2,2%, cioè il tasso reale, abbiamo 1,68%, cioè l’aspettativa di inflazione). Se il valore dell’inflazione a fine periodo è più alto, conviene stare sul Btp Italia (e viceversa).

Se invece si guarda solo al prezzo di Borsa, bisogna tener presente anche i tassi nominali. E non è detto che un’inflazione alta, come in questo periodo, metta al riparo dai cali in Borsa.

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