Il termine prescrizionale per la ripetizione degli interessi

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Cass., 24 marzo 2014, n. 6857 (leggi la sentenza per esteso)

La Suprema Corte con la sentenza n. 6857 del 24 marzo 2014 è tornata sul tema del termine prescrizionale per la ripetizione di interessi.

Il Caso. La Banca ingiungeva ad una Srl e al suo garante il pagamento di una somma pari allo scoperto del conto corrente intestato alla società oltre agli interessi successivamente maturati. Gli ingiunti si opponevano al decreto contestando la nullità della clausola del contratto di conto corrente diretta a disciplinare la misura degli interessi passivi, la nullità delle previsioni inerenti alla capitalizzazione di tali interessi, la legittimità dell’applicazione della commissione di massimo scoperto, nonché la nullità del contratto di fideiussione concluso per indeterminabilità dell’oggetto, e in via riconvenzionale chiedevano la condanna della Banca a rifondere quanto corrispostole per interessi ultralegali, oltre a interessi e rivalutazione monetaria.

Il Tribunale adito, pronunciando con sentenza non definitiva, revocava il decreto, rimetteva la causa in istruttoria per il prosieguo con separata ordinanza dando corso a consulenza tecnica volta ad accertare l’ammontare della somma dovuta.

La Banca proponeva appello e i giudici di secondo grado dichiaravano, in parziale riforma della decisione del Tribunale, che gli interessi passivi dovuti dalla correntista alla Banca sono capitalizzabili annualmente; conseguentemente quest’ultima ricorreva in cassazione per denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e il vizio di motivazione avendo la Corte d’Appello completamente ignorato la questione della mancanza di interesse da parte degli opponenti a richiedere la ripetizione di somme oltre il 1986.

Tuttavia, secondo i Giudici di legittimità, il motivo del ricorso è infondato perché muove dal presupposto erroneo che il termine prescrizionale decorra nel corso del rapporto di conto corrente anziché – come già puntualizzato dalle Sezioni unite – dalla chiusura del rapporto. Secondo la Casszione, quindi, L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, che decorre, nell’ipotesi i cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta d’interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens (Sez. U, Sentenza n. 24418 del 02/12/2010)

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