Infondate le contestazioni anatocistiche nell’opposizione ad un decreto ingiuntivo
riconoscimento

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Trib. Milano, 20 ottobre 2015, n. 11713

I fideiussori avevano opposto il titolo, eccependo la mancanza di prova scritta, nonché contestando l’applicazione di interessi anatocistici, di valute fittizie e delle commissioni di massimo scoperto.

Quanto alla prima eccezione, uniformandosi alla giurisprudenza ormai granitica sul punto, il Giudice ha osservato che l’onere alla prova in sede monitoria deve ritenersi assolto con la produzione del contratto di conto corrente, delle fideiussioni sottoscritte e dell’estratto certificato ex art. 50 T.U.B. Al momento della costituzione in giudizio, la banca ha poi integrato tale produzione con il deposito degli estratti conto integrali, che consentono “una ricostruzione analitica di tutte le movimentazioni che hanno portato al saldo finale e, in assenza di specifiche contestazioni, portano a ritenere adeguatamente provato il credito oggetto di liquidazione”.

Con riguardo, invece, all’anatocismo, il Tribunale ha evidenziato che il conto corrente era stato sottoscritto nel 2008 e prevedeva, con clausola specificamente sottoscritta dal correntista, la pari periodicità di liquidazione degli interessi attivi e passivi, in conformità alla delibera CICR del 9.02.2000. Il Giudice ha poi aggiunto che “Né tali conclusioni potrebbero ritenersi confutate per il fatto che, in relazione allo specifico rapporto in esame, debba registrarsi una evidente sproporzione tra gli interessi creditori e quelli debitori, con l’effetto che, nella sostanza, la capitalizzazione trimestrale dei primi sia risultata insignificante, o, ancora, per il fatto che il rapporto di conto corrente avesse sempre operato in affidamento o in scoperto, con l’effetto che nessun interesse creditore sia mai stato erogato. Tali circostanze, infatti, attengono alle contingenze del rapporto, ma non sono tali da escludere che sul piano contrattuale sia stata osservata la prescrizione di cui al secondo comma dell’art. 120 TUB (…). Per quanto riguarda gli affidamenti, essi sono sorti sin dall’origine in conto corrente (…) senza che ciò abbia pertanto determinato una moltiplicazione degli interessi addebitati”.

Il Giudice Unico ha, analogamente, rigettato la contestazione relativa alle valute applicate, rilevando come “la difesa sul punto articolata sia rimasta relegata ad affermazioni assolutamente generiche, non implicando mai l’individuazione degli importi a tal fine contestati (…) e tenuto conto di come la decorrenza delle valute risulti espressamente pattuita dalle parti in contratto, trattandosi di materia certamente rimessa alla libera disponibilità delle parti”.

Da ultimo, il Tribunale ha dichiarato la legittimità delle commissioni di massimo scoperto addebitate dalla banca, in quanto espressamente pattuite ed aventi la “funzione causale di assicurare all’istituto di credito un corrispettivo per lo sforzo economico organizzativo assunto con la stipula di una apertura di credito, rappresentato dalla necessità di accantonare e tenere a disposizione l’intera somma oggetto dell’affidamento”

Articolo tratto da

iusletter

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