Investitori sensibili al BioTech
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Investitori sensibili soprattutto all’innovazione e al valore che questa può sprigionare sul mercato, una volta che le scoperte diventano brevetti e poi prodotti, si sono riuniti a Palazzo Besana a Milano per la settima edizione del BioInItaly investment forum & Intesa Sanpaolo stat up initiave. No-self, un approccio innovativo per il controllo biologico di specie nocive per l’agricoltura e la medicina, Agrobiotech per lo sviluppo di biopolimeri e biotensioattivi ecosostenibili tramite conversione microbica di materie prime alimentari di scarto, Biosensing technologies, biosensori in grado di rilevare, in maniera veloce e automatica, la presenza di coliformi nell’acqua, Retinext, un nuovo trattamento farmacologico per patologie oculari su base eccitotossica, Plasfer, breve Rna interferente sviluppato utilizzando piastirne come vettori a fini terapeutici sono solo alcune delle 14 storie che hanno tenuto incollati alla presentazione gli investitori arrivati da Giappone e Stati Uniti, ma anche Francia e Regno Unito, solo per citare qualche paese. Quattordici bandiere d’avanguardia nel settore che entrano a far parte del lungo elenco di 120 che è stato portato sul palcoscenico negli ultimi sette anni davanti a 1.200 investitori, da Assobiotec – l’associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica – e da Intesa Sanpaolo. L’obiettivo è fare incontrare imprese e progetti alla ricerca di capitali con gli investitori finanziari e corporate di tutto il mondo. Dalla prima edizione ad oggi BioInItaly ha portato alla raccolta di oltre 16 milioni di euro di investimenti in 14 start up.

I numeri cominciano ad essere di un certo rilievo ma come osserva il nuovo presidente di Assobiotec, Riccardo Palmisano, «gli investimenti sono ancora piccoli. Sedici milioni di euro sono una cifra piuttosto bassa. Ma nel mondo della salute, il 25% del venture capital viene assorbito tra Cambridge e Boston in Massachusets. L’Italia è un po’ un fanalino di coda, tagliata fuori dal venture capital internazionale». Eppure il nostro paese ha grandi potenzialità e a dimostrarlo ci sono «il numero di pubblicazioni che ci vedono posizionati molto bene e le acquisizioni che sono state fatte», continua Palmisano. «Il nostro limite principale sta nella frammentazione del sistema Italia, nell’imponente apparato fiscale che ci rende meno competitivi di Francia, Olanda, Germania e Regno Unito – spiega Palmisano -. Se si parla con la voce del venture capital diventano importanti i cluster e il trasferimento tecnologico. Tutto questo fa sì che il biotec in sè sia attrattivo, ma non lo sia l’Italia come sistema paese. Per questo abbiamo avviato un dialogo con tutti i ministeri competenti per andare verso una regia unica».

Tornando al forum, tra gennaio e febbraio, è stato organizzato un roadshow nazionale per la raccolta di progetti e candidature che ha portato alla selezione di 20 realtà. Al termine di questo percorso si è arrivati alle 14 finaliste che tra ieri e oggi presentano i loro progetti: 9 nelle biotecnologie e 5 nell’healthcare e nel biomedicale. «Il settore biotech rappresenta per noi una filiera sempre più interessante per lo sviluppo dell’ecosistema italiano dell’innovazione. La nostra piattaforma propone un modello efficiente per individuare le start up che possono scalare rapidamente i mercati globali – spiega Livio Scalvini, responsabile direzione innovazione e crescita imprese di Intesa Sanpaolo -. Per questo motivo, ai momenti di incontro faccia a faccia abbiamo affiancato Tech-Marketplace, la piattaforma digitale di incontro tra domanda e offerta per l’innovazione delle imprese».

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