Nell’agricoltura di precisione vengono utilizzati droni e sensori per mappare il territorio e misurare in tempo reale la condizione del suolo, la presenza di agenti fitopatogeni, come parassiti, o il grado di maturazione delle culture.
La raccolta dei dati può essere poi utilizzata per creare modelli predittivi o per guidare l’attività di trattori e macchinari, spesso in grado di modificare in tempo reale la loro funzionalità sulla base dei dati ricevuti. Tutto ciò al fine di utilizzare in modo mirato e senza sprechi i principali fattori della produzione agricola, ovverosia acqua, fertilizzanti e fitofarmaci.
L’Agricoltura 4.0 in Italia
Già da anni utilizzata nelle colture di mais statunitensi, l’Agricoltura 4.0 è ancora in corso di implementazione in Italia che sconta problemi strutturali come la scarsa diffusione della banda larga o ultra larga nello zone rurali o la ridotta dimensione delle aziende agricole che spesso non sono in grado di pagare le licenze necessarie all’utilizzo dei software di IA.
Si registra comunque un trend positivo: secondo la ricerca realizzata dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) l’area coltivata con soluzioni 4.0 è cresciuta in Italia dal 2021 al 2022, dal 6 all’8%.
Inoltre, sarà proprio un’eccellenza italiana e, in particolare, la Fondazione Bruno Kessler di Trento, a coordinare il progetto europeo “AgrifoodTEF”. Questo progetto, avviato lo scorso febbraio 2023, ha proprio l’obiettivo di sperimentare e promuovere servizi basati su IA e robotica nel settore agroalimentare e prevede un budget totale di 60 milioni di euro.
I vantaggi delle nuove tecnologie nella selezione dei semi
Rimanendo nel campo dell’agricoltura, le nuove tecnologie stanno portando enormi vantaggi anche nell’ambito della selezione dei semi e delle nuove varietà vegetali – tema molto dibattuto, considerato che a fronte della crescita della popolazione mondiale, si prevede che entro il 2050 sarà necessario il 70% in più di cibo. Varietà vegetali più resistenti e con migliori caratteristiche nutrizionali, potrebbero costituire una prima soluzione a questo problema.
Da un punto di vista tecnico, la selezione delle piante e l’isolamento delle varietà più resistenti è un’attività molto onerosa, a causa dell’estrema complessità dei genomi vegetali. Le specie vegetali hanno infatti migliaia di geni e ciascun gene può assumere molteplici varianti possibili, il che rende difficile per i selezionatori prevedere quali combinazioni diano i migliori risultati, ad esempio in termini di tolleranza alla siccità o resistenza ai parassiti. È proprio qui che entra in gioco l’IA: analizzando grandi quantità di dati relativi a genetica e caratteristiche delle piante, gli algoritmi di deep learning sono in grado di guidare il processo di selezione ed agevolare lo sviluppo di nuove varietà vegetali.
I nodi della proprietà intellettuale
Da un punto di vista giuridico, l’uso dell’IA pone alcune questioni legate alla proprietà intellettuale. Una nuova varietà di pianta può essere infatti tutelata mediante il cosiddetto “brevetto per nuova varietà vegetale” che conferisce al suo titolare alcuni diritti di esclusiva, tra cui quello di impedire a terzi la produzione o l’offerta in vendita, non solo del prodotto della raccolta, ma anche delle varietà essenzialmente derivate o la cui riproduzione necessita del ripetuto impiego della varietà protetta.
Se nel precedente sistema, era facile identificare il costitutore – definito come “la persona che ha creato o che ha scoperto e messo a punto una varietà” nel caso di utilizzo dell’AI la questione si fa molto più complessa: chi può e deve considerarsi costitutore di una varietà vegetale sviluppata da un software di IA? E ancora, è possibile impedire lo sviluppo di una varietà derivata, nel caso in cui la stessa sia agevolmente individuata attraverso strumenti di IA?
Questi ed altri temi dovranno essere chiariti dal legislatore e dalla giurisprudenza affinché gli strumenti di IA siano effettivamente utilizzabili dalle imprese anche nella selezione e produzione di nuove varietà vegetali.
Una supply chain più sicura e i vantaggi per il Made in Italy
Le nuove tecnologie stanno profondamente rivoluzionando non solo la produzione agricola, ma anche le altri fasi della filiera produttiva e, in particolare, la stessa “supply chain”.
Da una linea di distribuzione binaria e lineare, che scontava difetti come rigidità e mancanza di trasparenza, gran parte delle aziende del Food sono passate oggi alla c.d. “Digital supply chain” che si avvale di sistemi che, come una rete, sono in grado di mettere in collegamento e monitorare simultaneamente tutti gli operatori coinvolti, con una tracciabilità del singolo prodotto alimentare, quasi perfetta – ovverosia dal fornitore della materia prima fino al consumatore finale.
La Digital supply chain conferisce enormi vantaggi per le imprese, soprattutto in termini di compliance con la normativa regolatoria e in caso di eventuali emergenze.
Per gli alimenti esiste infatti un sistema di allerta rapido (noto come RASFF) che richiede a tutte le aziende che fanno parte della filiera di notificare in tempo reale qualsiasi rischio diretto o indiretto per la salute umana, dovuto ad esempio ad alimenti contaminati o a confezioni ed imballaggi non a norma. Nell’ambito di tale sistema, gli operatori alimentari devono essere in grado di individuare tutti i lotti, tutti i fornitori e distributori dei prodotti contaminati, al fine di rendere possibile il loro ritiro o richiamo del mercato nel giro di poche ore.
I vantaggi in termini di tracciabilità
In questo quadro, è facilmente intuibile come i nuovi strumenti di tracciabilità “end-to-end” potranno davvero fare la differenza sia per il consumatore che per le imprese. Quest’ultime potranno infatti gestire le emergenze in tempi rapidi ed evitare il rischio di sanzioni amministrative e di eventuali danni, anche di tipo reputazionale.
I vantaggi in termini di tracciabilità non riguardano soltanto la sicurezza alimentare. I sistemi di blockchain, che consentono di tracciare in maniera integrata, condivisa ed immutabile la filiera agroalimentare potrebbero fare la differenza anche nella lotta a fenomeni come il cosiddetto “Italian sounding” che ricorre quando denominazioni, riferimenti geografici, immagini o combinazioni cromatiche inducono il consumatore, soprattutto straniero, a credere che un determinato prodotto sia un prodotto autentico italiano, quando invece di italiano ha poco o nulla.
Si tratta di un fenomeno che arreca all’economia italiana un danno enorme che si stima intorno ai 90 miliardi di euro.
Conclusioni
Una soluzione contro tale fenomeno potrebbe arrivare ancora una volta dalle nuove tecnologie: consentendo ai consumatori di essere certi dell’origine e della qualità dei prodotti, gli strumenti di IA potrebbero infatti rendere trasparente l’offerta italiana anche all’estero. Ciò a tutto vantaggio delle eccellenze italiane e del nostro Made in Italy.