La Banca centrale europea investirà parte dei proventi dei titoli tedeschi per comprare Btp italiani, greci, portoghesi e spagnoli nel tentativo di ridurre gli spread
La liquidità incamerata dalla Banca Centrale Europea dai titoli di Stato dei Paesi donatori verrà riversata in quelli emessi dagli Stati beneficiari, riservando ai titoli neutrali il ruolo di ponte tra i due, una sorta di cuscino per gestire e attutire il trasferimento di fondi.
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La liquidità incamerata dalla Banca Centrale Europea dai titoli di Stato dei Paesi donatori verrà riversata in quelli emessi dagli Stati beneficiari, riservando ai titoli neutrali il ruolo di ponte tra i due, una sorta di cuscino per gestire e attutire il trasferimento di fondi. I membri delle tre categorie verranno rivisti con cadenza mensile e, allo stato attuale delle cose, l’Italia è inserita tra gli Stati beneficiari (insieme alle già citate Grecia, Portogallo e Spagna). Tra i Paesi donatori sono inseriti la Germania, la Francia e l’Olanda.

La presidente della Bce Christine Lagarde non si è ancora espressa con la chiarezza che sarebbe dovuta in questo caso, limitandosi a commentare l’efficacia di questo nuovo strumento nel condurre gli Stati verso una politica fiscale solida ed esprimendosi in modo vago su altri concetti chiave, come per esempio l’adozione di questa politica per impedire la frammentazione finanziaria dell’euro, tema che ha toccato soltanto di sponda in un momento in cui i mercati, e non soltanto quelli obbligazionari, hanno urgente bisogno di parole chiare che aiutino a fare luce sul prossimo futuro.

Lo scudo anti-spread in Italia non è cosa nuova, il cospicuo tenore del nostro debito pubblico preoccupa storicamente i mercati e i vertici europei e il Quantitative easing, ufficialmente conclusosi il 30 giugno 2022, aveva tra i propri obiettivi quello di proteggere i titoli di Stato.

La numero uno dell’Eurotower ha affermato più di una volta che la frammentazione dell’euro è nemica della costruzione dell’Europa lasciando così intuire la determinazione dell’impegno della Bce nelle politiche monetarie. Restano però criticità che vanno affrontate dalla Commissione Ue e di cui occorre tenere conto proprio in relazione alle politiche attuate: le previsioni di crescita sono state corretteal ribasso e le forti differenze tra domande e offerta sui mercati energetici stanno gonfiando i prezzi in tutta l’Eurozona che accusa il colpo e stenta a trovare una soluzione condivisa, benché lo spazio di manovra appaia comunque assai limitato.

Al momento attuale, e questa è ovviamente una provocazione, ciò che unisce l’Europa è l’allarme inflazione che è comunque di difficile lettura perché strettamente legata agli scenari geopolitici suscettibili di cambiamenti repentini e di un certo spessore. Questo lascia facilmente presagire che occorra una maggiore flessibilità nel manovrare il rialzo dei tassi di interesse, tenendosi pronti a lavorare con ogni governo perché non vanno dimenticate le politiche di bilancio dei singoli Stati membri.

Lo scudo anti – spread assume senza ombra di dubbio una sua importanza, ma occorrono regole chiare perché la storia recente ci insegna (e il riferimento è alla Grecia durante il 2015) che qualora il rating di un titolo di Stato dovesse venire declassato, la Bce tende a rifiutarne i bond aumentando ulteriormente la sfiducia dei mercati e aggravando la posizione dei bond stessi. In assenza di dettagli maggiori che la Bce dovrebbe comunicare con chiarezza, non sono esclusi momenti di tensione come quelli tra la Grecia e l’Europa. Atene è stata oggetto di diversi salvataggi (bailout) e la situazione economica greca ha toccato da vicino anche quella italiana.

L’Europa non è unita soltanto dall’euro o dagli intenti comuni, è strettamente legata anche alle condizioni politiche dei singoli Stati. Le decisioni calate dall’alto hanno fatto il loro tempo.

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