La Boschi si scaglia contro Bankitalia
Le posizioni di governo e opposizione sul ruolo giocato dalla Boschi sono agli antipodi

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L’attacco contro Bankitalia e le autorità di vigilanza scagliato da Maria Elena Boschi è di “una violenza inaudita” secondo il Fatto Quotidiano.

“Mi fa sorridere – aveva detto il ministro delle Riforme – il fatto che alcuni autorevoli esponenti oggi prendano determinate posizioni, pur sapendo che sono le stesse persone che un anno fa suggerivano a Banca Etruria un’operazione di aggregazione con la Popolare di Vicenza“.

Nel mirino di Boschi ci sono il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo. Bankitalia è citata perché rea di aver accusato per iscritto l’ex board di Banca Etruria – tra cui il vicepresidente Pier Luigi Boschi, padre del ministro – di aver “lasciato inevasa la richiesta della Vigilanza di realizzare un processo di integrazione con un partner di elevato standing” , cioè Pop Vicenza e cioè “l’unica offerta giuridicamente rilevante presentata”.

Sempre Bankitalia, però – ricorda Marco Palombi nell’articolo – ha poi scoperto che i vertici dell’istituto di credito veneto non fecero votare l’offerta in sede di consiglio d’amministrazione.

Per il ministro delle Riforme, poi, quel matrimonio si sarebbe rivelato un bagno di sangue anche peggiore del decreto Salva banche. Marco Palombi sul quotidiano diretto da Travaglio scrive che Boschi “probabilmente ha ragione, ma la portata dell’ attacco arrivato da Palazzo Chigi a via Nazionale è assai più vasta della sola vicenda Etruria. Pop Vicenza è un nervo scoperto di Bankitalia per più motivi: rapporti personali, vigilanza lasca, ruolo dell’istituto nel risiko bancario sponsorizzato da Palazzo Koch”.

D’ altra parte Gianni Zonin, presidente di Popolare Vicenza dal 1997 (in cda dal 1983), “viticultore prestato alla finanza”, ha un talento vero nel tessere relazioni. Per limitarci a quelle con Banca d’Italia basti citare i nomi di cui si è circondato negli anni: tra il 2006 e il 2008 l’ ex ispettore della Vigilanza Luigi Amore diventa responsabile dell’Audit interno; nel 2011 entra in cda, da vicepresidente, l’ ex Ragioniere dello Stato Andrea Monorchio , uomo di molteplici e antichi contatti a Palazzo Koch; nel 2013 va a Vicenza a fare il capo delle relazioni istituzionali Gianandrea Falchi , ex capo della segreteria particolare di Bankitalia quando governatore era Mario Draghi .

Pop Vicenza è uno dei nomi fatti più spesso nelle ipotesi ventilate negli ultimi tempi riguardanti il processo in atto di consolidamento del settore bancario e in particolare nell’universo delle popolari.

Etruria, sottolinea sempre Il Fatto, non è l’ unico caso in cui la Popolare di Vicenza ha vestito i panni del cavaliere bianco. “Il suo nome è venuto fuori tra i possibili acquirenti anche di Banca Marche e CariFerrara (altre due “salvate” il 22 novembre), per Veneto Banca (l’istituto di Montebelluna è messo male anche lui), la Popolare di Marostica e la Popolare di Spoleto , poi venduta a Banco Desio (Visco e i tre commissari risultano indagati dalla Procura umbra su denuncia dei vecchi soci di Bps)”.

 Tutte queste trattative, a volte anche molto lunghe, sono parte del progetto espansivo di Zonin sponsorizzato da via Nazionale, ma non approdano a nulla: in molti casi, però, sono servite a tranquillizzare azionisti e risparmiatori degli istituti coinvolti, tenendone “alti” i titoli. Tutto questo fino all’ autunno 2014: quando la titolarità della Vigilanza sugli istituti più grandi passa da Roma alla Bce, a Francoforte partono le danze.

Gli ispettori di Visco e Barbagallo – che hanno esaminato Vicenza 7 volte in un decennio – hanno guardato la banca aumentare senza sosta il valore delle sue azioni (non quotate): nel 1996 valevano 27,1 euro, nel 2011 62 euro e mezzo, una performance che nemmeno Goldman Sachs. Ora, dopo una svalutazione del 23% (48 euro), la quotazione in Borsa si avvicina e gli analisti prezzano quei titoli a 10-12 euro: un bagno di sangue per 117mila azionisti, molti dei quali hanno partecipato ai due aumenti di capitale autorizzati da via Nazionale negli ultimi anni per oltre un miliardo.

Palombi racconta come la Banca d’Italia si sia reso conto molto tardi, “solo nel 2014″ delle operazioni sospette di Pop Vicenza che “riacquistava azioni proprie senza dirlo e/o le piazzava ai clienti prestandogli i soldi”. I titoli non potevano essere inseriti tra i requisiti patrimoniali e di lì a breve Vicenza avrebbe fatto ricorso “all’ennesimo aumento di capitale“, da 1 miliardo.
“È a questa vicenda di mancata vigilanza e rapporti incrociati che allude il ministro Boschi tirando in ballo scelte e ruolo dei vertici di Palazzo Koch negli ultimi anni. Gli interessati non hanno gradito: siamo solo all’inizio”.
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