La rilevanza del collegamento contrattuale nella disciplina del mutuo di scopo

Cass., 9 febbraio 2015, n. 2409

Con la Sentenza n. 2409 del  9 febbraio 15, la prima sezione della Suprema Corte ha ribadito,  confermando una giurisprudenza ormai consolidata che, nella fattispecie di mutuo c.d. di scopo, assume rilevanza causale la destinazione delle somme mutuate, poiché tale vincolo di destinazione diviene parte inscindibile del regolamento degli interessi voluto dalle parti; con la naturale conseguenza della nullità del contratto quale sanzione derivante dalla non realizzazione del progetto.

Come noto, la figura del mutuo di scopo non trova alcuna collocazione civilistica, né tanto meno vi è una legislazione speciale che intervenga in tal senso; di punto, le uniche fonti sono di matrice dottrinale e giurisprudenziale. Tra le altre definizioni, in via di approssimazione, possiamo definire il mutuo di scopo come il contratto in virtù del quale “una parte appresta all’altra i mezzi finanziari per il raggiungimento di uno scopo, legislativamente o pattiziamente previsto, e quest’ultima è obbligata a restituire la somma ricevuta ed a svolgere l’attività concordata secondo i tempi e le modalità prestabilite” (Così Clarizia, Finanziamenti (dir. Priv.), in Novissimo dig. It., Torino, 1982, III, 756).

Ma ciò che si rileva, con la Sentenza in commento, quale novità nel panorama giurisprudenziale è la rilevanza che la stessa Corte adduce ad un possibile collegamento tra due contratti di finanziamento.

Occorre premettere, per meglio chiarire l’ter motivazionale della sentenza della S.C., che i ricorrenti sostenevano la nullità per carenza di causa del contratto di finanziamento siglato con la Banca, lamentando l’inadempimento di quest’ultima, che avrebbe utilizzato parte della somma per ripianare le passività derivanti dal precedente prefinanziamento, con violazione del fine proprio del mutuo di scopo, trattandosi di finanziamento agevolato volto all’impianto, ampliamento ed ammodernamento dei macchinari per l’impresa artigiana.

Alla luce dell’eccezione sollevata dai ricorrenti, occorre evidenziare che, nell’attuale background storico, vi si rilevano casi in cui le somme provenienti da un contratto di finanziamento agevolato (che come noto, offre tassi fortemente vantaggiosi) siano utilizzate per estinguere le passività figlie di un collegato prefinanziamento.

L’erogazione dei mutui alle imprese richiede l’espletamento di numerose pratiche amministrative, che, come ovvio, richiedono un arco di tempo considerevole. A tal punto le imprese, al fine di avere disponibilità liquida il più velocemente possibile avanzano richiesta per un prefinanziamento.

Nella sentenza in argomento, i Giudici della Corte di Cassazione, lodano l’operato della Corte di appello dell’Aquila, concretizzatosi nella Sentenza del 26 marzo 2007, sottolineando che la succitata Corte “ ha tenuto conto della circostanza che i due contratti erano fra di loro collegati, essendo la causa concreta della complessiva operazione quella di permettere, anche anticipando la disponibilità della somma, il finanziamento agevolato per la finalità artigiane, senza dunque alcuna violazione delle regole che presidiano il mutuo di scopo (…)”.

Ciò premesso, è chiaro che i Giudici della Corte di Cassazione e, precedentemente, anche i magistrati della Corte di secondo grado, hanno ritenuto che il contratto di finanziamento ad impresa artigiana ed il contratto di prefinanziamento costituivano parti integranti di un’unica operazione, essendo quest’ultimo volto ad anticipare una parte della somma.

In definitiva, tale sentenza, non può che essere favorevolmente accolta dall’operatore giuridico; La Corte ha saputo giudicare con la giusta apertura intellettuale, ritenendo, come logico che sia, che due contratti anche se distinti, qualora siano parti inscindibili di una stessa operazione, dovranno essere valutati quale unica entità in relazione alla verifica del rispetto della clausola di destinazione presente nei contratti di mutuo di scopo.

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