La start-up Neuralink di Elon Musk ha ottenuto l’autorizzazione a dare il via ai test per impiantare chip nel cervello umano
L'azienda di Elon Musk potrà un giorno impiantare chip nel cervello umano.
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L’azienda di Elon Musk potrà un giorno impiantare chip nel cervello umano. Specificando però che “i trial” non sono ancora cominciati. Ma a cosa serve Neuralink? L’obiettivo è quello di utilizzare dei chip nel cervello umano per trattare condizioni come la paralisi o la cecità. E per aiutare persone disabili a utilizzare computer e svariate tecnologie attraverso gli impulsi cerebrali, trasmettendo informazioni ai dispositivi mediante Bluetooth.

La simbiosi con l’AI

Secondo quanto riferito da Elon Musk questi chip devono consentire all’umanità di raggiungere una «simbiosi con l’AI. Ora siamo fiduciosi che il dispositivo di Neuralink è pronto per gli esseri umani. Quindi le tempistiche dipendono dal processo di approvazione della Fda», aveva dichiarato alla fine di novembre su Twitter il patron di Tesla.

I test clinici sugli esseri umani sarebbero dovuti iniziare nel 2020, ma mancava il via libera dell’ente regolatorio statunitense. Sino a oggi, dei prototipi di chip delle dimensioni di una moneta sono stati impiantati nei cervelli delle scimmie. Durante gli esperimenti si è riscontrato come queste fossero in grado di «giocare» ai videogiochi o di «digitare» parole su uno schermo, seguendo con gli occhi il movimento del cursore. 

La “cura” per la paralisi

Nel comunicato ufficiale presente sul sito aziendale viene assicurato che il sistema è stato realizzato in modo «sicuro, accessibile e affidabile». Alcune critiche sono arrivate dal mondo degli esperti di intelligenza artificiale e di biotecnologie, che hanno messo in guardia dalla potenziale deriva che potrebbe avere un sistema del genere, richiedendo test approfonditi per superare standard tecnici e assicurare l’etica del sistema. L’annuncio del via libera arriva alla fase di sperimentazione, arriva a pochi giorni da un’analoga scoperta in Svizzera, dove un uomo di 40 anni con paralisi è tornato a camminare grazie a un “ponte digitale” tra cervello e midollo spinale.

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