L’affascinante idea di unire il Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano

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L’obiettivo è industrialmente ambizioso, si verrebbe a creare una banca che emergerebbe in Italia subito dopo i due colossi Unicredit e Intesa, con una presenza importante in alcune regioni strategiche dal punto di vista industriale ed economico: Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto.
Contatti
Il progetto è ancora nella fase embrionale, ma i contatti ci sono stati. Senza crismi di ufficialità, ma concreti. Le parti, infatti, si conoscono da tempo. Il presidente del consiglio di Sorveglianza della Bpm, l’ex ministro Dino Piero Giarda è stato per anni amministratore del Banco Popolare e diversi amministratori di allora siedono ancora nel board della banca veronese. Si conoscono bene anche gli amministratori delegati dei due gruppi, Pier Francesco Saviotti (Banco) e Giuseppe Castagna (Bpm), che hanno lavorato assieme nella vecchia Comit e si sono ritrovati in Intesa Sanpaolo quando Saviotti rientrò alla banca di Piazza Scala. In particolare, sembra che Castagna e Saviotti si siano visti nelle scorse settimane a Milano e, incrociando le agende, abbiano fissato un nuovo appuntamento entro la fine del mese di aprile.
Risvolti industriali
Il progetto, come detto, ha risvolti industriali importanti. Sommando algebricamente i dati di bilancio allo scorso 31 dicembre, si otterrebbe un gruppo con 170 miliardi di attivi, 10 miliardi di capitalizzazione borsistica (ai depressi valori di oggi), 120 miliardi di raccolta diretta, e oltre 110 miliardi di crediti verso la clientela. Numeri da terza banca italiana, con ampio margine di vantaggio sulle quarte (Ubi e Monte dei Paschi, che peraltro sembra stiano studiando un loro progetto comune). Certo, sono anche numeri che andrebbero depurati da alcune sovrapposizioni, ma la dimensione del progetto incontra il favore sia delle autorità italiane che della vigilanza europea, oltre a interessanti opportunità di sviluppo. Non mancano, però, gli ostacoli.
La Popolare di Milano, ad esempio, non vorrebbe rinunciare alla sede sotto la Madonnina. Difficile contrastare una simile posizione. Per quanto il Banco Popolare sia oggi nettamente più grande, come confermano i numeri di bilancio (evidenziati nella tabella in alto), la centralità della città lombarda rispetto ai territori coperti, oltre al ruolo di «capitale economica», non concedono chance alle possibili istanze veronesi. Vanno quindi ricercati dei nuovi equilibri.
La governance , dovrebbe riposizionare i pesi, considerando anche le dotazioni di capitale delle due banche, non solamente la dimensione delle strutture e non dimenticando neppure che Pier Francesco Saviotti ha già annunciato che la sua straordinaria avventura al Banco Popolare si concluderà definitivamente con l’approvazione del bilancio 2016, nella primavera 2017.
Così per il Banco, la Milano appare essere la prima opzione. Al momento l’unica. A Verona han fatto capire di non essere interessati a un polo del Nordest con Veneto Banca e Popolare di Vicenza: vogliono una aggregazione forte, che dia vita, come si sussurra nei corridoi della sede di Piazza Nogara, a «una gran bella banca».
Creazione di valore
L’unico vero pre-requisito da soddisfare appare proprio questo: che da una futura aggregazione la banca esca con una struttura solida, ambiziosa, di livello nazionale. Il tempo degli interventi di salvataggio, da Novara a Lodi a Italease, è scaduto. Oggi, sia Saviotti che il presidente Carlo Fratta Pasini appaiono orientati a un atteggiamento aggressivo nei confronti dei mercati e la prossima trimestrale dovrebbe sottolinearlo, anche perché dopo la pesante perdita del 2014 dovrebbero emergere i benefici della fusione di Italease (85 milioni) a cui poi affiancare i 150 milioni di euro derivanti dalla cessione dell’Icbp. Quindi, da Verona, nessun interesse nei confronti delle banche più piccole: si pensa in grande, a una aggregazione che crei valore, che non sia penalizzante per i conti, né per la reputazione degli istituti coinvolti. Bpm è oggi il partner ideale.
Visioni lombarde
E Milano? A una parte del board della Bpm interessa esplorare l’ipotesi di aggregazione con la Bper, la Popolare dell’Emilia-Romagna guidata da Alessandro Vandelli. Il matrimonio stava già per celebrarsi qualche anno fa, ai tempi della presidenza milanese di Roberto Mazzotta. Naufragò all’ultimo, per il colpo di coda dei sindacati interni. Riproporlo oggi è interessante dal punto di vista industriale, ma assai meno dell’ipotesi Banco. Anche perché la Bper sembra più interessata a muoversi autonomamente verso altre direzioni: il Veneto, la Valtellina. A rigor di governance sembra poi che il boccino sia oggi in mano al consiglio di gestione della PopMilano, quindi al presidente Mario Anolli e all’amministratore delegato Castagna. A loro le prossime mosse. Intanto, si avvicina la trimestrale, il cui risultato dovrebbe beneficiare di un portafoglio ricco di titoli di stato ben comprati.
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2 commenti

  • lei pensa come se PEPPONE DON CAMILLO IL CONTADINO siano padroni delle due BANCHE, si sbaglia caro signore, i padroni sono i soci, che diranno di no!!! Renzi ha fatto una legge ad PERSONAM per Giorgio Dini Ciacci, così è…. anche se non le pare…

  • si è dimenticato il gran regista, quello del TONIOLO, il cardinale SCOLAPIATTI, l’ultimo in ordine di tempo, lo scorso Dicembre, che ha cercato di AMMAZZARMI, non mi conosceva… Don Camillo mi ha salvato…. mi conosce!!!! aveva già cercato la CHECCA ambrosiana ex CHECCA aquilana ex CHECCA piemontese di scalare il VATICANO con i DENARI, non con la fede… gli è andata male… a SCOLAPIATTI è andata ancora peggio,,,, lo ha preso in culo,,, la CHECCA lo metteva in culo…. ciao bello

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