Non solo i problemi della crescita dei Paesi più ricchi
A causa dei tassi bassi diversi gruppi assicurativi del ramo vita rischiano di risultare insolvibili

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A Washington, dove si sono conclusi gli incontri primaverili del Fmi e dove si sono tenuti i vertici del G7 e del G20, si è parlato anche della parte più sfortunata del mondo, quella dei poveri che ogni giorno lottano per la propria sopravvivenza, per salvarsi dalla fame o dalla violenza dei conflitti, e che rischiano la morte quando tentano di sfuggire alla loro realtà, come testimonia la tragedia del naufragio nel Canale di Sicilia. I poverissimi, quelli che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno sono un miliardo, di cui oltre 800 milioni non sono in grado neanche di nutrirsi e muoiono letteralmente di fame, ha denunciato il presidente della Banca mondiale JimYong Kim.
«E’ inaccettabile» ha rilevato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo al Development Committee della Banca mondiale. Non si può restare fermi di fronte «a più di un miliardo di persone che vivono in estrema povertà. Considerevoli progressi sono stati fatti nel ridurla ma molti Paesi restano indietro, non hanno accesso all’acqua, alla scuola e ai servizi sanitari di base. Non possiamo fermarci», ha aggiunto. La Banca mondiale gioca un ruolo chiave in questa lotta: «Dovrebbe mantenere l’esclusivo ruolo di rendere i finanziamenti disponibili dove nessuna altra istituzione finanziaria può, ovvero nei paesi più poveri e fragili e nelle aree di conflitto» ha detto Visco.
Quello dell’esiguità dei canali finanziari è un problema che la crisi ha aggravato ma che esisteva ben prima quando l’enorme ammontare di liquidità globale, nel generale aumento della dimensione e del ruolo del sistema finanziario, «si è incanalato solo marginalmente verso i paesi più poveri e i risparmi privati si sono spostati dalle economie in via di sviluppo verso i mercati di quelle avanzate». Aumentare l’efficacia della Banca mondiale è di «estrema importanza». L’istituto di Washington dovrebbe essere l’«hub delle conoscenza, capace di mobilizzare il suo expertise e le informazioni per offrire soluzioni allo sviluppo adatte ai bisogni di ognuno dei suoi clienti» ha aggiunto Visco, invitandolo a «lavorare a stretto contato con i governi per creare un contesto in grado di sbloccare il potenziale del settore privato».
Le statistiche sono sfalsate, i dati arrivano con difficoltà ma il quadro che disegna la Banca mondiale è drammatico, anche se la lotta alla povertà ha prodotto grandi progressi con il calo del tasso di chi vive con meno di 1,25 dollari al giorno dal 43,6% della popolazione mondiale del 1990 al 13,4% delle stime per il 2015. I progressi però non sono stati uniformi con l’Africa subsahariana che è rimasta indietro mentre per esempio le aree del Sud Asia sono state più rapide nel progredire nello sviluppo. Gli esempi dei singoli Paesi sono significativi e tragici. La Repubblica democratica del Congo, secondo le più recenti statistiche che risalgono comunque al 2005, ha la percentuale più alta di poveri estremi, 87,7% ma presenta anche una quota altissima, 95,2%, di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno. Il Madagascar vive ai limiti della sussistenza l’87,7% dei cittadini, in aumento dal 2005 al 2010, e si raggiunge quota 95,1% includendo coloro che invece cercano di arrivare al termine della giornata mettendo insieme qualche spicciolo in più.
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