Le banche centrali non hanno avviato una ripresa sufficientemente robusta
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Le politiche monetarie aggressive delle banche centrali hanno salvato l’economia mondiale dal disastro, ma non hanno avviato una ripresa sufficientemente robusta e soprattutto ci costringono ad inoltrarci sempre di più nelle acque inesplorate dei tassi di interesse ormai stabilmente vicini allo zero o addirittura negativi.

Proprio ieri l’Irlanda, uno fra i paesi più colpiti dalla crisi e con un debito pubblico ormai oltre il 100 per cento del pil, ha collocato un’emissione di 500 milioni di euro (sottoscritta quattro volte) ad un tasso di poco inferiore allo zero. Gli investitori si sono cioè dimostrati disposti a pagare un piccolo prezzo allo stato irlandese per la sicurezza di avere indietro il capitale fra sei mesi. La buona notizia di un tasso di crescita elevato è bastata per attrarre i capitali impazziti nella cosiddetta flight for quality che ha già portato stabilmente sotto lo zero i tassi di oltre 2 trilioni di dollari di emissioni pubbliche, soprattutto in Europa. La reazione istintiva è quella di Alice in “Attraverso lo specchio”: non si può credere ad una cosa impossibile.
Eppure questo è il mondo in cui siamo costretti a vivere dalla difficoltà di affrontare una crisi senza precedenti o, se si preferisce, il prezzo che dobbiamo pagare per aver evitato una depressione mondiale analoga a quella degli anni Trenta. E poiché la differenza fondamentale fra le due crisi è data dalla diversa reazione delle banche centrali, non bisogna criticare i medici che hanno adottato terapie straordinarie, ma capire le controindicazioni che inevitabilmente si manifestano e soprattutto le cause che ci hanno portato ai confini del regno delle realtà economiche.
Le controindicazioni sono almeno due. La prima è quella, tipica delle situazioni in cui i tassi di rendimento scendono è che aumenta l’appetito per il rischio e questo è il combustibile principale di ogni bolla finanziaria. Quando scendono i tassi, scendono anche i premi al rischio persino per gli investimenti più aleatori.

L’appetito si trasforma in fame cieca e la capacità di selezione del mercato si riduce drammaticamente. Lo abbiamo visto prima della crisi con i titoli più esotici e complessi, ed è possibile che accada in questi giorni in tanti comparti. Naturalmente senza dimenticare che ad ogni vigilia dello scoppio di una bolla, dagli anni Trenta ad oggi, abbondavano pensose e articolate spiegazioni sul come e qualmente i prezzi fossero giustificati dai “fondamentali”. In altre parole, dobbiamo caso mai prendercela con i banchieri centrali che a partire dagli anni Novanta hanno forzato la politica monetaria, guardando con benevole disinteresse all’“Esuberanza irrazionale” dei mercati di allora. I loro successori si trovano oggi ad affrontare uno scenario in cui le bolle speculative diventano una componente permanente del paesaggio.

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