Le cattive notizie per l’economia sono buone notizie per i mercati finanziari
borsa italiana

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Da ieri l’antico adagio nelle stanze degli operatori è tornato di moda. Dopo tre mesi di violenta correzione e di alta volatilità sui mercati, ieri ha prevalso un atteggiamento tipico delle fasi di appetito per il rischio. Sono risaliti i prezzi delle materie prime con il petrolio Brent di nuovo a 50 dollari al barile. Gli acquisti hanno premiato in simultanea anche le azioni, le valute dei Paesi emergenti e i bond della periferia dell’Eurozona. Asset class fortemente penalizzate in estate, quando gli investitori erano in polarità risk-off.
La cattiva notizia che piace ai mercati è quella del mercato del lavoro negli Usa, pubblicata venerdì. A settembre l’economia statunitense ha creato 140mila posti di lavoro anziché i 203mila attesi. A questo dato si è aggiunto ieri quello del settore servizi che a settembre ha registrato un calo, portandosi, secondo la lettura finale del “Purchasing managers index” (Pmi), calcolato da Markit, a 55,1, in flessione rispetto a 55,6 del dato preliminare e dal 56,1 di agosto. La crescita negli Usa quindi rallenta e per questo motivo i future puntano ormai su un rinvio della stretta monetaria attesa per fine anno. Il sentiment sta spostando le aspettative al 2016.
Mentre la Fed potrebbe rimandare ancora la stretta (è dal 2006 che non rialza il costo del denaro) la Bce potrebbe invece incrementare il piano di “quantitative easing” in corso. La scadenza naturale è prevista per settembre 2016 ma gli investitori puntano ormai almeno fino al 2017, se non il 2018 (come indicato dall’agenzia di rating Standard and Poor’s secondo cui il programma della Bce potrebbe superare i 2mila miliardi di euro). Questo clima sta spingendo i mercati ad abbandonare il clima negativo estivo. Anche se molti vanno cauti: «È ancora presto per parlare di ritorno dell’appetito al rischio», dichiara un trader. Fedeli al detto «bad news is good news» anche le Borse europee che hanno chiuso una seduta spumeggiante (Eurostoxx +3,3%) nel giorno in cui sono arrivati dati macro non brillanti, visti come un acceleratore degli stimoli monetari da parte della Bce.
Alla fine di un terzo trimestre forte, la crescita dell’Eurozona mostra segni di indebolimento e rallenta ai minimi da quattro mesi. La lettura finale dell’indice composito della produzione si è posizionato su 53,6, in ribasso rispetto a 54,3 di agosto ed al di sotto della precedente stima flash di 53,9. L’indice servizi dell’Eurozona di settembre ha segnato 53,7, minimo su sette mesi e inferiore alla precedente stima flash di 54 e al dato di agosto di 54,4. In calo anche l’indice di fiducia elaborato da Sentix scivolato a 11,7 a ottobre da 13,6 del mese scorso, appena sopra le attese per 11,6. Si tratta della lettura più bassa da gennaio.
Piazza Affari ha chiuso con un rialzo del 2,7%, trainata dai titoli energetici, in linea con l’andamento di Francoforte. Più consistente il rialzo di Madrid e Parigi (+3,5%).
Sul mercato obbligazionario prosegue la fase positiva. Lo spread tra BTp e Bund è sceso – per la prima volta dal 4 maggio – sotto i 110 punti (109) con il rendimento del decennale italiano all’1,65%, i minimi di maggio. Siamo ancora lontani dai livelli toccati lo scorso marzo (spread sotto quota 90 e BTp all’1,1%) ma cresce il numero di analisti che ipotizzano che entro fine anno il tasso del titolo italiano possa riavvicinarsi ai minimi stagionali. Questo perché i mercati stanno iniziando a scontare l’effetto di un ampliamento del “quantitative easing” della Bce da 1.100 miliardi di euro (la somma attualmente prevista attraverso l’acquisto di titoli privati e governativi per 60 miliardi al mese fino a settembre 2016) a oltre 2mila. Questo è lo scenario – indicato dall’agenzia di rating S&Poor’s – che vedrebbe gli acquisti prolungati fino al 2018. La Bce stessa ha aperto a un ampliamento del programma di «Qe» nei modi e nei tempi senza lasciare però indicazioni precise.
C’è un altro fattore che sta spingendo verso gli acquisti dei bond governativi dell’Eurozona: la speculazione dopo la crisi Volkswagen. Da quando è scoppiato il caso «dieselgate» si sta assistendo a un travaso di liquidità dai bond societari verso i titoli di Stato. Anche se lo scandalo ha colpito una società in particolare di un settore particolare (auto) la speculazione sta penalizzando in questo momento l’intera asset class (bond societari), a vantaggio di BTp, Bund e compagnia bella.

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