Le clausole vessatorie contenute nelle polizze vita
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Uno degli ultimi argomenti che sta mobilitando le Compagnie, i consulenti legali, le associazioni di categoria, quelle di consumatori è quello in merito ad alcune clausole vessatorie contenute nelle polizze vita. 

Il “casus belli” è stata una sentenza della Cassazione Civile – nemmeno a sessioni riunite, per altro – del 20 Agosto 2015 (la n°17024). 

A questa sentenza ha fatto seguito una lettera IVASS molto discussa ultimamente, del 17 Novembre 2015, ad oggetto “clausole vessatorie nei contratti di assicurazione sulla vita”. 

L’art. 33 del d.lg. 206/05 prevede due tipi di clausole vessatorie: quelle “atipiche”, per cui è onere di chi invoca la nullità dimostrare che esse abbiano provocato un significativo squilibrio tra le posizioni delle parti, e quelle “tipiche”, che si presumono vessatorie fino a prova contraria. Risultano di questo tipo le 7 clausole identificare come vessatorie dalla sentenza in questione, poi riprese dalla lettere IVASS dello scorso Novembre. 

IVASS ha marcato l’importanza di “adottare le idonee iniziative volte a recepire le indicazioni della Corte nella redazione delle clausole dei nuovi contratti di assicurazione sulla vita e nella gestione delle richieste di indennizzo relative a contratti già stipulati che dovessero contenere clausole analoghe a quelle oggetto di censura”.

In particolare le 7 clausole che nella sentenza sono state definite un “cocktail giugulatorio” riguardano l’obbligo per il beneficiario di:

  • Sottoscrivere una domanda su apposito modulo predisposto dall’assicuratore, e farlo presso “l’agenzia di competenza”.
  • Produrre il certificato di morte del portatore di rischio
  • Produrre una relazione medica sulle cause della morte, scritta da un medico su un modulo predisposto dall’assicuratore
  • Produrre una dichiarazione del medico autore della relazione di cui sopra, nella quale questi attesti di avere “personalmente curato le risposte”
  • Produrre, a semplice richiesta dell’assicuratore, le cartelle cliniche relative ai ricoveri subiti dal portatore di rischio
  • Produrre un atto notorio “riguardante lo stato successorio” della persona deceduta
  • Produrre l’originale della polizza

Come sempre avviene in questi casi, ci sono più visioni a seconda dei ruoli e degli interessi.

Dal lato del consumatore, l’identificazione di queste clausole come vessatorie, può sembrare a prima vista molto utile e importante, snellendo il processo in fase di sinistro, limitando le spese e riducendo le tempistiche, spostando la produzione di numerosi documenti verso il lato Compagnia. 

Dal lato compagnia, la modifica dei processi dipendenti dall’individuazione della vessatorietà di alcune di queste clausole non comportano modifiche davvero degne di nota, come ad esempio la produzione del certificato di morte (2), la sottoscrizione della domanda su un apposito modulo e farlo presso l’agenzia di competenza (1), che tuttavia poteva rendere il processo di liquidazione più veloce. Altri processi, come quello di claim assessment sono invece fortemente dipendenti dal recepimento di alcuni di questi documenti. 

Tuttavia sia per il consumatore, che per le compagnie, soprattutto per altre clausole, la situazione è diversa e la complessità aumenta. 


In parole povere, immaginiamoci il caso in cui un assicuratore abbia assunto una polizza con una dichiarazione di buono stato di salute, ma forse il cliente ha mentito e c’è motivo di dubitare della sua condotta morale. In fase di sinistro, il beneficiario indicato non si trova più in Italia, ma nel paese d’origine (es. l’India), tuttavia ci sono in corso delle questioni irrisolte inerenti all’atto successorio che è stato impugnato da alcuni parenti dell’assicurato che hanno problemi a risolvere un caso di conflitto anche per la distanza con il beneficiario suddetto. Può essere importante al fine di identificare il corretto comportamento in fase di dichiarazione sia ottenere la documentazione medica, che ottenere l’atto notorio per le questioni inerenti al beneficiario. Tuttavia, data anche la prassi medica, le strutture in possesso della documentazione possono rifiutarsi di fornire la documentazione alla compagnia e può non essere automatico ottenere l’atto notorio. Per la compagnia, attivare questi processi inoltre può aumentare notevolmente i costi, e costringerla ad allungare le tempistiche per la liquidazione del sinistro. Se, inoltre, la compagnia paga prontamente il sinistro prima che si siano risolte le questioni legali in merito all’atto notorio, rischia perfino di dover pagare due volte.

Se adesso invece ci spostiamo ad un altro livello, più “alto”, considerando le procedure in generale e le polizze e il loro costo, quindi se guardiamo al mercato stesso dei prodotti vita legati a questo tipo di prassi per l’assunzione del rischio e per il corretto comportamento dell’assicurato in merito al suo stato di salute, è evidente che più per le compagnie aumentano i rischi in fase di assunzione e in fase di claim assessment, più le strade praticabili si riducono, se non si vogliono come risultati un forte aumento dei premi delle categorie di polizze inerenti, o una drastica riduzione nelle assunzioni, limitando quindi non solo il fatturato delle compagnie, ma anche la protezione sociale della collettività. 

L’ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), dopo un confronto con le compagnie e con le associazioni rappresentanti dei consumatori ha proposto ad IVASS di instaurare un processo di autoregolamentazione. 

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