Le telefonate di Giulia Ligresti: «È un complotto contro di noi»

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La versione di Giulia Ligresti sul perché Fonsai stava per uscire totalmente dal controllo della famiglia è registrata in decine di telefonate intercettate dalla Procura di Torino. Agli inizi di gennaio 2013 la lotta sua e dei fratelli Jonella e Paolo contro il «sistema» che remava contro i Ligresti e a favore di Unipol si fa più intensa. Giulia, la più combattiva tra i figli di Salvatore Ligresti, in quelle settimane stava raccogliendo dati e carte per sostenere la tesi di un complotto per favorire Unipol nella fusione con Fonsai ma gli inquirenti, che pure hanno vagliato l’ipotesi, non hanno riscontrato elementi validi per supportarla.
Per Giulia, nel presunto accerchiamento ai danni della famiglia sarebbero tutti coinvolti: stampa, authority, associazioni dei consumatori, advisor. «Sì, ma la Procura no», ribatte a Giulia al telefono Michele Gulino, un commercialista di cui si fida molto. È il 12 gennaio: «Una parte della Procura no, perché Greco hai visto come si comporta… totalmente schierato. Ma guarda che anche Lombardi me lo diceva De Luca, cioè quindi… che Greco era totalmente pro Unipol, figurati, poi cos’hanno? Le authority con loro, le associazioni, gli advisor, i legali tutti con loro, perché adesso gli hanno fatti lavorare anche sugli altri dossier…».
In quel periodo Unipol aveva già preso il controllo di Fonsai sottoscrivendo nel 2012 un aumento di capitale da 1,1 miliardi per coprire anche riserve per 800 milioni. Ora emergeva la necessità di altri 800 milioni di copertura, secondo i Ligresti non necessari ma funzionali solo a caricare su Fonsai il peso della fusione con Unipol. Gulino è perplesso: i giornali scrivono «che per il terzo anno consecutivo bisogna rinforzare le riserve e quindi insomma tutta questa gente che ha controllato, allora cosa ha controllato se persiste sempre un problema?». Giulia ce l’ha invece con gli advisor: se la prende con Luca Benzoni, di Citi («diceva “è l’unica operazione da fare, è una grande operazione industriale”»), e con Massimo Della Ragione, di Goldman Sachs, che — sostiene Giulia con Gulino — «andava tutti i giorni da Pagliaro (Renato, presidente di Mediobanca, ndr ), tutti i giorni da Nagel (Alberto, amministratore delegato di Mediobanca, ndr ), praticamente Nagel diceva una roba, lui diceva esattamente le parole di Nagel, e questi qui sono quelli che dovrebbero essere indipendenti per fare delle valutazioni? Ma dai, io me li ricordo, tutti seduti al tavolo che cercavano di far quadrare i conti e dicevano ”no, non ce la facciamo, ma questo… dobbiamo dare questa operazione, è una grande operazione, dobbiamo falsare i numeri in qualche modo…”, ti rendi conto?». E aggiunge: «E poi lì, il Casò (Angelo, ndr ), che mi ha preso da una parte, dice “qua dobbiamo fare quadrare i numeri perché altrimenti Isvap ci manda il commissario e non vedo alternative».
Secondo Giulia Ligresti Mediobanca si sarebbe attivata dopo che i Ligresti nel 2011 avevano tentato un’alleanza con i francesi di Groupama, soci della stessa banca d’affari, che «faceva tremare un po’ un patto di sindacato di Mediobanca che avrebbe avuto una maggioranza non più così sotto controllo da parte di Nagel e Pagliaro…», dice Giulia il 13 gennaio sempre a Gulino. «Il disegno per farci fuori è stato studiato nei minimi dettagli, quindi con l’imposizione, l’ingresso e con assolutamente l’appoggio di tutte le authority, quindi… Consob che nega l’autorizzazione a Groupama ma in pochi… in poche settimane l’istruttoria di Unicredit, per l’ingresso di Unicredit, invece arriva senza problemi ».

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