Tribunale Pordenone, 26 giugno 2015
Parte ricorrente aveva adito l’autorità giudiziaria, sostenendo che la banca avrebbe tenuto un comportamento illegittimo, per aver avviato nei suoi confronti la procedura di iscrizione nella Centrale d’Allarme Interbancaria; per tale ragione, il correntista, avendo ricevuto il preavviso di revoca di cui all’art. 10 bis Legge 386/90, chiedeva al Giudice di voler sospendere la predetta iscrizione prima che diventasse effettiva.
Esponeva il ricorrente di aver tratto un assegno quale controprestazione per l’opera resa in suo favore da un soggetto, dal quale tuttavia si avvedeva subito dopo di essere stato truffato. Il medesimo, quindi, avvisava la banca e, dopo aver sporto denuncia, richiamava l’assegno oggetto di causa. Pur avendo preso atto della denuncia, l’istituto di credito si vedeva costretto a rispettare le norme di legge rendendo impagato l’assegno ed avviando, quindi, la procedura di iscrizione in C.A.I. La banca, però, aveva cura di indicare alla negoziatrice e nella propria procedura interna la motivazione del mancato pagamento con la corretta causale ossia “(Difetto di provvista ex art. 2, legge 386/1990) Assegno dotato di copertura, emesso dal un correntista che ha impartito alla banca l’ordine di non pagare prima della scadenza del termine di presentazione”.
Il Tribunale di Pordenone, alla luce della condotta tenuta dal prenditore dell’assegno nonché del pericolo di pregiudizio insito nella stessa iscrizione in C.A.I., ha accolto la richiesta di sospensione del ricorrente, ma ha incidentalmente osservato che la condotta tenuta dalla banca non appare censurabile, essendosi la stessa attenuta alle disposizioni di legge vigenti in materia.