L’impronta al posto del Pin Carta di credito antifrode sull’asse Udine-Oslo

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È in arrivo la prima carta di credito a prova di frode: Card Tech, una start up di Udine, ha inventato una smart card che funziona con il riconoscimento dell’impronta digitale al posto del Pin per autorizzare le operazioni. Se la tecnologia biometrica è nota da tempo, la rivoluzione è averla applicata a una carta di pagamento, che immagazzina i dati biometrici sulla carta stessa, in modo che non vengano mai trasmessi online.

La nuova smart card biometrica usa un sensore biometrico sviluppato dal gruppo Idex di Oslo ed è stata brevettata in 75 Paesi del mondo. E ora è in trattativa con un importante gruppo internazionale. L’obiettivo? Farla arrivare sul mercato a inizio 2015, visto che la carta sfrutta l’attuale infrastruttura dei pagamenti (Pos, Atm e lettori di smart card) perché ha lo stesso delle carte di credito convenzionali, ma può essere usata per molte altre funzioni: dalla carta d’identità alla carta sanitaria, dal permesso di soggiorno alla tessera elettorale per il voto elettronico. E, in caso di smarrimento o furto, è inutilizzabile.
Dietro Cart Tech c’è Fabrizio Borracci, 46 anni, il presidente, impiegato all’Aci, che ha avuto l’idea dopo essere stato vittima di una clonazione del bancomat, con cui gli hanno progressivamente asciugato il conto in banca. La lampadina si è accesa dopo aver seguito una trasmissione sulla biometria. «Ho chiesto aiuto all’università di Udine e grazie alla sua banca dati mi ha messo in contatto con un ingegnere laureando in Brasile, che ho fatto venire in Friuli», racconta.
L’idea è stata selezionata da Friuli Innovazione e si è guadagnata un posto nell’incubatore del Parco scientifico e tecnologico presso l’Università di Udine, con una dotazione iniziale di 20 mila euro da parte del ministero delle Attività produttive. Oggi Card tech è una Srl con 8 dipendenti e un folto gruppo di consulenti. Borracci e un altro socio fondatore hanno il 32% a testa, il resto è diviso tra altri 12 soci tra cui 5 libanesi. «Ma siamo pronti ad aprire il capitale a nuovi soci: ci servono almeno 10 milioni per nuovi investimenti».

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