Mario Draghi gela l’entusiasmo di Matteo Renzi sul mercato del lavoro in Italia
Mario Draghi difende il Quantitative Easing

Ancora nessun commento

“Il lavoro è fermo”: è quanto trapela da uno studio della Banca centrale europea, che si basa sui dati Eurostat. Anticipato lo scorso 14 dicembre, lo studio conferma che, rispetto alle principali economie dell’Eurozona, l’Italia è l’economia dove si è creata meno occupazione negli ultimi due anni.

La relazione fa riferimento alla creazione, in Itaalia, di 127 mila occupati netti tra il secondo trimestre del 2013 e il secondo trimestre del 2015, solo il 5,9 per cento del totale dell’area euro.

Il podio se lo aggiudica la Spagna, con 724 mila posti creati il 33,5 per cento del totale di nuova occupazione creata, anche se si tratta soprattutto di posizioni precarie.
Segue la Germania con 592 mila posti, pari al 27,4 per cento e la Francia con 190 mila posti, l’8,8 per cento.

Nel complesso, in Eurozona nel periodo di riferimento sono stati creati 2 milioni 158 occupati netti.

Nello studio si legge:

“La crisi ha esercitato un impatto avverso ben più persistente sull’occupazione, che è rimasta pressoché invariata, in controtendenza rispetto all’area euro e alle sue economie più piccole”.

Paragonando inoltre la situazione attuale a quella del 2008, emerge che:

“l’occupazione ha seguito profili distinti nelle quattro principali economie dell’area dallo scoppio della crisi. Se in Germania il numero di occupati è cresciuto quasi ininterrottamente dall’inizio della recessione nel 2008, la Spagna ha registrato continue diminuzioni dei posti di lavoro fino al recente punto di svolta. Il risultato è che la Germania presenta ora un’occupazione superiore del 5 per cento ai livelli pre-crisi (seconda solo a Lussemburgo e Malta), mentre il dato per la Spagna resta inferiore del 15 per cento al picco toccato prima della crisi, nonostante la forte ripresa osservata di recente”.

Continuando:

“In Francia il numero di occupati si è portato lievemente al di sopra dei valori pre-crisi, sostenuto in ampia misura dal considerevole aumento dei dipendenti pubblici. Quanto all’Italia la crisi ha esercitato un impatto avverso ben più persistente sull’occupazione complessiva, che è rimasta pressoché invariata, in controtendenza rispetto all’insieme dell’area dell’euro e alle sue economie più piccole”.

Germania e Spagna, “hanno contribuito per quasi due terzi all’incremento complessivo del numero di occupati nell’area dal secondo trimestre del 2013, con apporti pari rispettivamente a 592.000 e 724.000 unità. Questo risultato non dipende esclusivamente dalle dimensioni dei due paesi; si consideri che nello stesso periodo i livelli occupazionali di Francia e Italia sono aumentati, nell’ordine, di appena 190.000 e 127.000 unità, pari all’incirca al 15 per cento del rialzo per l’insieme dell’area dell’euro”.

La grande sorpresa arriva dalla Grecia dal momento che, esaminando lo studi, risulta che oltre che dalla Spagna, l’aumento dell’occupazione è statpo sostenuto dal forte aumento di occupati in Irlanda, Grecia e Portogallo. Queste tre economie hanno avuto un impatto del 15% sulla crescita complessiva dell’occupazione in Eurozona.

“Il contributo è comparabile a quello complessivamente fornito nello stesso periodo da Francia e Italia, due economie di dimensioni ben più significative, benché i profili di crescita occupazionale osservati nel corso della crisi siano molto diversi”.

Tornando al caso dell’Italia, se si può parlare di aumento dell’occupazione, negli ultimi due anni questo ha riguardato soprattutto le “posizioni a tempo parziale”, dunque i precari, contrariamente agli obiettivi del Jobs Act. In media, nel resto dell’Europa, sono cresciuti invece soprattutto i posti a tempo indeterminato.

“Il 66 per cento della recente crescita dell’occupazione netta nell’area è attribuibile a posti di lavoro a tempo pieno benché si riscontrino sostanziali differenze tra paesi.Gli ultimi dati mostrano che tra il secondo trimestre del 2013 e il corrispondente periodo del 2015 l’occupazione a tempo pieno rappresentava poco meno del 50 per cento dell’incremento netto complessivo del numero di occupati in Germania e il 57 per cento in Francia. La quota per la Spagna sfiorava invece il 93 per cento, anche perché l’aumento si è concentrato, in proporzione, maggiormente nel settore industriale e nelle costruzioni. Nel caso dell’Italia ‘incremento del numero di occupati (più modesto) è dipeso per il 63 per cento (quasi due su tre) da posizioni a tempo parziale. La quota è notevolmente più cospicua in alcuni paesi (soprattutto Estonia, Paesi Bassi e Austria) dove alla creazione di impieghi a tempo parziale si contrappone adesso un calo netto di quelli a tempo pieno”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI