Matteo Renzi: “da noi credit crunch non c’è stato, ma solo una contrazione straordinaria del credito”

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Le decisioni della BCE di settimana scorsa prese per riattivare il flusso di finanziamenti alle imprese europee hanno riacceso improvvisamente le polveri dopo un periodo di relativa calma e rassegnazione sui due fronti che combattono senza esito da 4 anni la battaglia del credito.

Da un lato il governo che con lo stesso primo ministro Renzi, ha sparato la prima bordata pesante parlando all’inaugurazione di Pitti Uomo nella sua Firenze, dicendo minacciosamente che “le banche non hanno più alibi” e facendo un ironica distinzione tra credit-crunch e ‘contrazione straordinaria’:

«Lo chiediamo con forza agli istituti di credito», perché – ha ribadito – «se è vero che da noi “credit crunch” non c’è stato, è vero che c’è stata una contrazione straordinaria del credito» e «guai a chi oggi pensasse di avere ancora alibi» (fonte La Stampa.it)

A Renzi si è accodato subito il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, che su twitter ha preso una posizione diretta, non ha rimbalzato una notizia e ha aggiunto una parte finale che mostra il suo dissenso verso la politica tenuta dalle banche negli ultimi anni.

 

Dall’altro fronte bordate di rimando dai banchieri nostrani. Chi come Nicastro di Unicredit sostiene fermamente e con coerenza la tesi degli aumenti di capitale necessari alle imprese, che come Victor Massiah di UBI si mostra preoccupato della mancanza di domanda di credito, per finire con il presidente dell’ABI che ha una terza linea: ‘il credito sta ritornando’. Si aggiungeranno altre voci per contestare la mancanza di alibi, o per promettere un credito senza sapere come mantenere le stesse promesse.

Sui fianchi del campo gli osservatori neutrali come IMF e OECD stilano rapporti su rapporti per mostrare che serve più credito alle boccheggianti imprese italiane. Le palle di cannone viaggiano senza alcun costrutto e risultato. Le posizione espressa da Renzi verrà subito adottata da altri politici e cavalcata da qualche associazione di imprese più barricadiera, ma nulla cambierà, almeno nel breve termine.

Gli eserciti che si fronteggiano a distanza non hanno alcuna capacità di risolvere la questione sino a quando si accomoderanno in seduta permanente a un tavolo per discutere la questione nel merito e sarà molto più utile delle roboanti dichiarazioni e delle cannonate mediatiche.  Il tavolo del credito non c’è e non c’è mai stato. Solo accordi scontati e insufficienti, a giudicare dai risultati.

Nella vita reale il problema esiste

Nella vita reale, dove si ingaggiano combattimenti all’arma bianca, il problema del credito esiste, è ancora scottante ma su dimensioni diverse. Non è un fatto statistico o volumetrico, ma di qualità e sostanza.

1) più esamino bilanci di PMI e più mi rendo conto che le banche hanno concesso troppo credito e malamente, fidandosi di garanzie reali che stanno evaporando e ipotizzando chissà come che le crescite antiche di fatturato e utili si prolungassero anche dopo la botta del 2009. Oggi trovano facilmente in quegli stessi bilanci che hanno contribuito a costruire le ragioni per negare il credito a tante imprese. Le banche sono imprese private, devono sopravvivere alla loro stessa crisi: nessuno potrà mai obbligarle a prendere nuovi rischi, visto che la crisi economica non è finita e poche imprese sono ripartite. Non c’è riuscito il primo ministro inglese, né il governatore della Bank of England, ma là almeno la ripresa è più solida.

2) più incontro banche e bancari e più mi rendo conto che le banche hanno accumulato un livello di diffidenza e distacco dalle imprese e dagli imprenditori tale da renderli sospettosi di tutto e molto più propensi a trovare le ragioni per bocciare che non a cercare insieme la soluzione per erogare credito in modo ben strutturato.  Si può anche comprendere, la situazione di silenzioso ‘regolamento di conti’ interno alle stesse banche e di tensione sindacale per gli esuberi giustifica una buona dose di cautela nell’assumere briciole di rischio firmando o proponendo delibere. Si presta solo dove è ritenuto più che certo il rimborso e non è inusuale sentire che chi non ha bisogno riceve offerte di finanziamenti.

3) più vedo i numeri, la progressione e l’utilizzo distorto della garanzia statale messa a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico attraverso la dotazione del Fondo di Garanzia e più penso che si potrebbe utilizzare molto meglio il patrimonio dello Stato (e quindi dei contribuenti).

Tutti hanno ragione, tutti hanno torto

Tutti hanno ragione, tutti hanno torto. Le banche, sotterrate da sofferenze e incagli in crescita, non credono più ai bilanci in ri-crescita, non intendono fare credito a imprese in difficoltà, anche lieve: consuma troppo capitale e ora non provano più imbarazzo a bocciare le richieste.  Le imprese che sono a rischio insolvenza e estinzione subiscono riduzioni di altre dosi di credito e in molte stanno franando. Quando un’impresa salta, i crediti impagati mettono a rischio altre imprese, questo lo sanno bene gli avvocati e i commercialisti. Un sistema che ha il 98% di micro e piccole imprese indebitate non può ripartire senza liquidità, non può andare in pezzi.

Si deve tornare alle proposte di un maxi-sforzo di ristrutturazione del sistema industriale che analizzando filiere, distretti e microsettori possa individuare i meccanismi di aggregazione delle imprese deboli a imprese più solide, asfaltando (verbo diventato di moda) la storica avversione alle fusioni delle famiglie di imprenditori. Salvataggio in cambio di aggregazioni e di capitali sembra essere la sola strada (seppure difficile) da percorrere. A questo patto di ricrescita lo Stato può e deve fornire aiuti e finanza, senza varcare la linea gialla degli aiuti di stato bocciati dalla EU. Le associazioni industriali e artigianali devono partecipare attivamente allo sforzo spingendo e consigliando i propri associati. Al Ministero prendano le migliori teste e ora che hanno fatto un buon lavoro sulle startup e sui minibond, diano loro il compito di trovare soluzioni intelligenti. Senza il rombo delle cannonate, con il silenzio del buon senso.

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