Il patto di sindacato light di Mediobanca rappresenta il nuovo traguardo indicato dall’ad Alberto Nagel per uscire dal capitalismo dei salotti. Non più equilibrismi tra i diversi gruppi di azionisti, banche, industriali, francesi, ma quote dirette con rappresentanti in consiglio di amministrazione. Vincent Bollorè potrebbe tornare a pesare per l’8% così come il primo azionista Unicredit e andare a spartirsi la maggioranza dei posti. Ma se il mercato conterà per almeno il 70%, come già succede ora che il patto è sceso dal 42 al 30%, dovrà anch’esso trovare spazio nel prossimo consiglio. E non con un solo rappresentante, come è stato all’ultima tornata, quando l’unico posto è stato occupato da un uomo delle fondazioni indicato dal rivale Guzzetti. Se Mediobanca vuole veramente rinnovarsi, aumentare sempre più il flottante e aprirsi al mercato, che abbia il coraggio di mettere in consiglio un bel numero di consiglieri indipendenti. Veri, non i soliti professionisti amici degli amici che staccano le parcelle a quelli che li indicano nei vari cda. Vedremo se Nagel e i suoi soci di riferimento saranno in grado di compiere questo ulteriore passo, in modo da non restare a metà del guado. Quanto ai manager, va bene la presenza in consiglio di presidente e ad, ma una rappresentanza di cinque sembra un po’ esagerata, soprattutto in un’epoca in cui le blindature non sono più di moda.
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