Monte dei Paschi: conflitti tra interessi

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SERVE CAPITALE DI RISCHIO PER INVESTIRE SUL FUTURO – Mps necessita di capitale di rischio per coprire il passato, restituire le coperture ottenute e investire per il futuro. Alcuni azionisti presenti e altri potenziali sono disponibili a sottoscrivere sulla base di un piano industriale, ardito negli obiettivi, compatibile con il passato della banca, con un rischio potenziale elevato rispetto al settore bancario. Un azionista al 33,5 vorrebbe esserci e restare, ma non dispone al momento delle risorse necessarie (1 miliardo di euro se l’aumento è di 3). La normativa civilistica consente al soggetto di impedire delibere di assemblea straordinaria quale l’aumento di capitale (0,2% in più dei 2/3 di norma). In realtà la Fondazione Mps non intende negare l’assenso quanto imporne un rinvio per consentirle di sottoscrivere disponendo dei fondi necessari. Parliamo di cifre e non di idee: senza sottoscrizione la quota della Fondazione Mpsscenderebbe sotto al 10%; socio rilevante, non dominante. Per restare decisiva necessita un miliardo di euro; la scelta appare binomiale in quanto l’unico interesse appare quello del controllo sulle modifiche e dell’influenza dominante sulla gestione.

I MONTI BOND – Ricordiamo anche che i Monti Bond sono uno strumento particolare il cui costo cresce con il tempo; sei mesi di rinvio comportano sia interessi lineari che un aumento della loro incidenza percentuale: un danno per la banca di cui un tempo la fondazione era parte integrante. Possiamo chiederci (da non senesi sia ben chiaro) se sia meglio detenere il 33% di una banca fragile e aggredita dai competitori, oppure una quota minore di una banca che, gestendo il rischio, potrebbe ben realizzare (con rischio d’impresa) il piano impostato. E’ certamente credibile che laFondazione Mps non stia sfiduciando il management quanto solo difendendo la propria posizione statica; con la quota che residuerebbe sarebbe un’istituzione “piccola”e non determinante in un investimento rischioso, sebbene con buon potenziale.

BANCA E FONDAZIONE – Il banchiere (chiunque esso sia) persegue una strategia (tra l’altro approvata dall’assemblea e quindi dal socio principale); non chiede un aumento dedicato a questo obiettivo quanto uno reclamato dalla precedente soluzione (anch’essa approvata) dei Monti Bond. Non è una questione di “fretta” quanto di necessità. Inoltre, la sottoscrizione dell’aumento potrebbe risultare più facile se la Fondazione fosse più fragile, ma soprattutto se perdesse il potere decisionale sulla assemblea straordinaria. La banca sarebbe contendibile, concetto estraneo alla storia della banca e del suo socio storico. Non ho titoli per prevedere alcunché, ma mi pongo il quesito di fondo: è difficile immaginare che la Fondazione trovi un miliardo di euro in pochi mesi, se non attraverso il concorso congiunto, costretto (e non conveniente) di CdP, altre Fondazioni e ulteriore debito bancario qualora disponibile). Fra sei mesi sottoscriverebbero magari una quota insufficiente al controllo, danneggiando economicamente la banca, imponendosi un costo, concentrando ulteriormente il proprio portafoglio e restando un vincolo alla miglior governance. Un quadro che potrebbe convincere molti investitori di rischio potenziali di oggi a non essere disponibili nella nuova offerta non potendo pesare adeguatamente nelle principali scelte. Soprattutto dobbiamo domandarci se sarebbe conveniente l’operazione per chi dovrebbe finanziare la Fondazione (convenienze politico-sociali a parte).

INUTILE GUARDARE INDIETRO – Non è utile guardare indietro, ma si possono capire gli interessi difesi dalla Fondazione; meno comprensibile è che le Fondazioni in generale abbiano le regole ancora oggi in vigore: governance acefala, assenza di vincoli alla concentrazione dei rischi, deresponsabilizzazione dei loro soci. E’ la normativa attuale che consente soluzioni che la logica, la convenienza strategica e l’etica del business tenderebbero a sconsigliare. Non è il momento per immaginare una soluzione legislativa strutturale per la nota “foresta pietrificata” fondaco di un’anomalia difficile da spiegare al di fuori del contesto italiano.

DUE ALTERNATIVE – Sinceramente, l’economia senese e quella aggregata sono “piccole” rispetto alle dimensioni potenziali della banca. Due alternative: la banca si restringe e perde il suo ruolo polare nel sistema bancario italiano oppure la Fondazione accetta la sconfitta del passato e investe nel futuro della banca (e anche nel suo) ricostituendosi un proprio patrimonio nel tempo quale socio non troppo indebitato di una banca che “gioca” la propria partita in un campo più lineare. Ripeto peraltro che ragiono da osservatore del sistema, non da player di questa anomala partita.

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