Mps, la Fondazione vende il 12%

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Corre in Borsa il titolo Monte dei Paschi. A spingere la banca di Rocca Salimbeni (+2,7% ieri a 0,246 euro) sono le manovre in corso per la vendita del 29,9% in mano alla Fondazione Mps, che ieri a mercati chiusi ha dato mandato a Morgan Stanley di piazzare l’8,5% del capitale, quota poi salita fino all’11,98%, con uno sconto del 3% (a 0,2337 euro).

L’Ente presieduto da Antonella Mansi, che ha in carico i titoli a 0,24 euro, scende così al 15,07% di Mps «considerando le vendite sul mercato telematico» e si prepara a chiudere l’ultima parte dell’operazione di “messa in sicurezza” del patrimonio e di copertura del debito residuo (339 milioni), dopo aver venduto da gennaio a oggi il 3,6% a valori più bassi, incassando circa 85 milioni a cui si aggiungono i 350 di questa operazione, ufficializzata in tarda serata. A comprare, allora hedge americani e adesso (secondo le prime indiscrezioni) il fondo d’investimento statunitense BlackRock.
La partita più difficile, per la Fondazione Mps, sembra dunque alle battute finali e chissà che una mano non la stia dando il Beato Ambrogio Sansedoni, teologo senese e condiscepolo di San Tommaso D’Aquino, scomparso il 20 marzo 1286, in ricordo del quale domani (come ogni anno) saranno celebrate le tradizionali funzioni religiose nella cappella all’interno di Palazzo Sansedoni, antica dimora della famiglia di Ambrogio e oggi sede della Fondazione.
Le istituzioni e gli abitanti della città del Palio sperano che vada in porto la manovra affidata al direttore generale Enrico Granata e all’advisor Lazard, in vista dell’aumento di capitale da 3 miliardi di Banca Mps, previsto per fine maggio, già coperto da un corsorzio di garanzia internazionale. Ma l’arrivo di uno, o più nuovi investitori stabili, atteso entro marzo, e auspicato dagli stessi vertici di Rocca Salimbeni, il presidente Alessandro Profumo e l’ad Fabrizio Viola, potrebbe rivelarsi superato nei fatti.
Il Monte rappresenta una porta d’ingresso privilegiata per sedersi al centro del sistema finanziario italiano e dunque europeo. Magari in alleanza con la stessa Fondazione, che non a caso nei giorni scorsi era scesa al 29,9% di Banca Mps, fuori dal “rischio Opa”. Ma le trattative con potenziali soci stabili sembrano andare più a rilento della rapidità di azione dei fondi, speculativi e non.
In direzione di Siena guardano da tempo grandi investitori americani, come Jc Flowers e Blackstone e i fondi sovrani di Qatar (Qia) e Abu Dabi (Aabar). E c’è chi vede un ritorno d’interesse da parte del fronte italiano delle Fondazioni, guidato da Cariplo. Ma è uno scenario non attuale. L’appeal del Monte è soprattutto nei confronti di operatori stranieri, che hanno disponibilità finanziarie e valutano il potenziale di crescita di un gruppo che è sulla via del risanamento, secondo il programma del piano di ristrutturazione concordato con Bruxelles, e grazie alla normalizzazione dello spread Btp-Bund esibisce una ritrovata tranquillità patrimoniale.
Una cosa è certa: all’assemblea di bilancio del Monte, in programma il 29 aprile, la compagine azionaria della terza banca del Paese sarà cambiata radicalmente. Ridimensionati vecchi e recenti soci stabili, come Unicoop Firenze e famiglia Aleotti (entrambi scesi intorno all’1%), abbandonato il ruolo di azionista di maggioranza relativa da parte della Fondazione, la nuova governance proietterà Rocca Salimbeni in una dimensione meno localistica e più internazionale, con i francesi di Axa (3,7% del capitale) come punto fermo. Alla fine, la prospettiva di far diventare il Monte una public company potrebbe anche rivelarsi realistica.

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