Mps verso l’aumento a sconto del 30%

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Gli hedge fund sono pronti a riaprire il dossier Mps alla vigilia della fase cruciale propedeutica al lancio dell’aumento di capitale da 5 miliardi della banca senese. La tempistica è segnata: si terrà con ogni probabilità dopo-domani il board di Mps che dovrà decidere il prezzo dell’aumento. Il consiglio della banca è dunque in pre-allerta.

La fissazione del prezzo è l’ultimo passo prima di lanciare la ricapitalizzazione. La banca stima di partire da lunedì 9 giugno, per chiudere entro metà luglio. Il prezzo è il tassello da inserire nel prospetto sull’aumento deliberato dall’assemblea il 21 maggio: prospetto esaminato a tempo record dagli uffici della Consob per il nulla osta. Sul mercato l’ipotesi più gettonata è di un prezzo con uno sconto del 30% sul Terp (il prezzo teorico dell’azione dopo lo stacco del diritto d’opzione).
Tra le banche del consorzio c’è ottimismo. Con la regia del banker di Ubs Andrea Orcel, gli istituti (il pool comprende Citigroup, Goldman, Mediobanca, Barclays, BofA Merrill Lynch, Commerzbank, JpMorgan, Morgan Stanley e SocGen) starebbero definendo le ultime caselle. Per sottoscrivere l’iniezione di capitali di Mps si sono impegnati pubblicamente i soci rilevanti Axa (al 3%) e i tre azionisti del patto parasociale promosso dalla Fondazione Mps con i due partner sudamericani: Fintech e Btg Pactual che controlla il 9% e che sottoscriverà l’aumento pro quota per non diluirsi.
Inoltre, secondo i rumors, anche gli hedge (tra i quali Marshall Wace, Tosca, Och Ziff e Guggenheim) e gli investitori istituzionali più a lungo termine (Blackrock, Vanguard e Norges Bank) entrati in marzo dopo i collocamenti della Fondazione, avrebbero manifestato l’intenzione di seguire l’aumento. Tuttavia potrebbero cercare opportunità di ingresso, visto lo sconto, anche altri hedge fund Usa: tra i nomi in lizza ci sono quelli di Paulson & Co e di York Capital. Molti hedge si erano mostrati scettici nei mesi scorsi sull’aumento da 3 miliardi, fra l’altro spinto a questo livello dall’Unione europea, proprio per la consapevolezza che era non adeguato alle reali esigenze della banca. Ora con l’iniezione accresciuta a 5 miliardi, paradossalmente gli hedge sembrano più interessati all’operazione, anche se qualche scetticismo resta per il balletto dei numeri degli ultimi mesi.
Il risultato finale sarà quello di avere una Mps contendibile. È pur vero che il patto (per ora relegato a Fondazione, Fintech e Btg Pactual ma aperto a nuovi alleati) per ora sembra il fulcro attorno al quale ruoterà la nuova Mps al termine dell’aumento, con il potere di nomina degli amministratori. Ma è altrettanto vero che per 3-4 hedge fund aggregare una quota superiore al 9% non sembra difficile e quindi non sono da escludere colpi di scena al termine dell’iniezione. Sembra invece perdere peso l’ipotesi contropatto, in grado di bilanciare il peso della Fondazione e orchestrato dal presidente di Mps Alessandro Profumo (assieme a fondi sovrani come Aabar, veicolo di Abu Dhabi già socio di Unicredit), dopo la netta smentita di Profumo sul tema.
Proprio l’accordo tra Mps, Fintech e Btg Pactual del resto è stato sotto osservazione, dopo le parole pronunciate venerdì dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che ha chiesto una maggiore separazione tra Fondazioni e le banche partecipate. Tuttavia il patto costruito dall’ente senese non sembra a rischio. La Banca d’Italia, secondo fonti qualificate, caldeggia una modifica legislativa che assicuri nei confronti delle Fondazioni, secondo Visco, «il divieto di controllo ai casi in cui esso è esercitato di fatto, anche congiuntamente con altri azionisti». Non ci sarebbe però il patto parasociale siglato a Siena dietro le preoccupazioni del numero uno di via Nazionale.

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