Le banche stringono sul dossier Sorgenia

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Non sono ancora entrate in Sorgenia come azioniste ma già le banche stanno pensando a come uscirne. E l’unico modo è la vendita, per tentare di recuperare gli ingenti prestiti concessi al gruppo di De Benedetti. I tempi che vorrebbero darsi sono stretti: due anni come orizzonte temporale per riuscire a trovare uno o più acquirenti per gli asset di Sorgenia (centrali a turbogas e rinnovabili). I tempi sono importanti: solo se si troverà un acquirente entro questi termini, Cir (De Benedetti) e Verbund potranno partecipare all’eventuale plusvalenza, una volta rimborsati i debiti. Se le cose dovessero andare più per le lunghe, non ci sarà nulla per gli attuali soci. È questo il meccanismo cosiddetto di «earn out». Cir e Verbund proporrebbero tre anni, ma su questo non ci sarebbe ancora accordo con i creditori. Oltre ai tempi, la trattiva riguarda anche l’ammontare della partecipazione di Cir e Verbund agli eventuali utili.

Oggi alle 8 dovrebbe tenersi un nuovo summit tra gli amministratori delegati delle banche più esposte: Fabrizio Viola per Mps (l’istituto più esposto con 600 milioni circa), Federico Ghizzoni per Unicredit, Gaetano Miccichè per Banca Imi (Intesa Sanpaolo), Pierfrancesco Saviotti per Banco Popolare, Victor Massiah per Ubi, Giuseppe Castagna per Bpm, alcuni in conference call. Nei prossimi giorni potrebbero incontrarsi con Sorgenia e i suoi soci. È la prima volta che i top banker tornano a sedersi al tavolo dopo quasi due mesi, segno che la trattativa dovrebbe essere alle battute finali.
Ieri da Trento, dove ha preso parte al Festival dell’economia, il presidente di Cir, Rodolfo De Benedetti, ha confermato che «la trattativa va avanti, si lavora, ma non sono in grado di fare previsioni». È ormai comunque dato per scontato che Cir e l’austriaca Verbund, non partecipando alla ricapitalizzazione di Sorgenia, scenderanno al 2% nella società, mentre le banche ne prenderanno il controllo al 98%. La Borsa ha preso atto della vicina soluzione della contesa e per questo Cir ieri ha preso il volo con un +7% a 1,12 euro.
Sorgenia, nata agli inizi del Duemila, è crollata sotto il peso dei debiti — 1,9 miliardi, di cui 600 milioni in eccesso — a causa della concorrenza delle rinnovabili e del crollo della domanda di energia determinata dalla crisi economica. Ora quei 600 milioni di debito eccessivo saranno trasformati in equity: 400 sotto forma di aumento di capitale sottoscritto dalle banche, altri 200 sotto forma di bond convertendo, oltre a 256 milioni di finanza necessaria all’ordinaria attività del gruppo elettrico. I tempi sono ormai stretti, dopo discussioni durate quasi un anno. Sia Sorgenia — guidata da Andrea Mangoni — sia l’azionista Cir (e la controllante Cofide) hanno rinviato a giovedì 5 i rispettivi consigli di amministrazione per l’approvazione dei bilanci, proprio per attendere l’esito della trattativa con le 19 banche creditrici.

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