Obbligo di informazione sui rischi dei titoli da acquistare
Con sentenza del 13 giugno 2015 il Tribunale di Prato ha deciso una controversia tra un correntista e la sua banca in ordine all’acquisto di titoli greci nel 2012, titoli che in ragione del deteriorarsi della situazione economica della Repubblica ellenica avevano perso l’intero valore iniziale.
Il cliente aveva stipulato con la sua banca un contratto di intermediazione finanziaria, nell’ambito del quale, a suo dire, era stato indotto ad acquistare i titoli greci senza essere adeguatamente informato dei rischi dell’investimento. Per questo chiedeva la nullità del contratto di acquisto o il suo annullamento o infine la sua risoluzione.
Il tribunale ha evidenziato che i casi di nullità del contratto di intermediazione finanziaria sono tassativi e non ve n’è alcuno che sia ricollegabile all’inadempimento degli obblighi di informazione.
Nella prestazione del servizio di investimento la banca è tenuta ad acquisire dal cliente le informazioni necessarie per individuare il profilo del cliente, indispensabile per valutare l’adeguatezza delle operazioni finanziarie da consigliare all’investitore o da effettuare per suo conto.
Poi in relazione a ciascuno degli acquisti di titoli richiesti dal cliente o proposti a lui dalla banca, l’istituto deve adempiere all’obbligo specifico di dare ogni utile informazioni all’investitore e, se del caso, quando costui richieda di procedere ad un’operazione non adeguata al suo profilo, deve prospettargli questa circostanza ed esporgli le ragioni per le quali non è opportuno procedervi.
L’obbligo di specificare i rischi non può essere assolto con comunicazioni generiche sulla natura inadeguata dell’operazione nè possono, per contro, rilevare altrettanto generiche dichiarazioni del cliente che affermi di avere ricevuto informazioni sufficienti e che richieda comunque l’acquisto.
Il tribunale boccia anche il metodo della compilazione del modello “scheda rischi” se non vale ad esporre con chiarezza e trasparenza il rischio specifico dei singoli prodotti finanziari. E osserva che la banca non aveva fornito al cliente nè al momento dell’acquisto nè nel periodo successivo alcuna informazione sul progressivo deteriorarsi della situazione economica della Repubblica greca.
Da questo inadempimento, però, il giudice ritiene che derivi la risoluzione del singolo contratto di acquisto dei titoli e non di quello di intermediazione finanziaria nel suo complesso. Pertanto la banca è stata condannata a restituire le somme destinate dal cliente all’acquisto dei titoli.
Il tribunale ha invece affermato il principio per il quale il cliente può richiedere il risarcimento del danno se prova di avere patito un pregiudizio ulteriore, che non può coincidere con il valore del denaro investito. Il danno ulteriore, in assenza di altri elementi, non potrebbe altrimenti che essere quantificato in via presuntiva confrontando gli interessi legali con quelli calcolati in base al rendimento medio dei titoli di Stato fino a 12 mesi.
In un’altra ipotesi di investimento ad alto rischio, avente ad oggetto i bond argentini, il tribunale di Udine con la sentenza del 18 febbraio 2015, pur evidenziando che l’intermediario finanziario non aveva assolto agli obblighi di informazione, ha disatteso le ragioni del cliente. In quel caso infatti il cliente aveva lamentato il danno dopo oltre dieci anni dall’acquisto dei titoli e dopo avere ottenuto per molto tempo elevati rendimenti. Le cospicue perdite registrate solo negli ultimi anni erano state seguite da una dichiarazione del cliente che, a pochi mesi di distanza dal default dell’Argentina, si qualificava investitore di alta esperienza con obiettivi di crescita elevata e molto alta propensione al rischio.
Il tribunale udinese ha ritenuto quindi che per la sussistenza del danno l’investitore avrebbe dovuto allegare prova del fatto che la debita informazione lo avrebbe effettivamente dissuaso dal mantenere l’investimento. Prova che non era stata fornita.
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