Ricomporre l’indispensabile rapporto fiduciario Banche/Paese
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In un contesto economico-finanziario che ancora non conosce certezza di miglioramento, sia a livello nazionale che internazionale, la crisi – anche reputazionale – e le turbolenze di mercato, che hanno scosso il sistema bancario in quest’ultimo periodo, potrebbero determinare, in assenza di adeguati interventi normativi, conseguenze ancor peggiori di quelle seguite al fallimento di Lehman Brother.
Franklin Delano Roosevelt, dopo la sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America nel 1932, per fare fronte alla grande depressione seguita al crollo di borsa del ‘29 e ai conseguenti fallimenti di alcune banche, promosse una riforma del sistema bancario e finanziario, imponendo la separazione tra attività creditizie e speculative. La Legge bancaria del 1933, nota come Glass-Steagall Act – dal nome dei suoi
promotori, il senatore Carter Glass e il deputato Henry B. Steagall, profondamente modificata nel 1999 sotto la Presidenza Clinton – aveva, infatti, abolito il modello di banca universale, oggi ripristinato, prevedendo la netta distinzione tra banca tradizionale e banca di investimento.
Tornare alla separazione fra l’intermediazione finanziaria e le funzioni proprie della banca commerciale consentirebbe di evitare conflitti d’interessi
relativi sia alla gestione delle relazioni con la clientela, sia al collegamento, non sempre virtuoso, dei risultati economici delle diverse attività. Inoltre, un modello di banca, o meglio, di sistema che concentrasse la propria attenzione esclusivamente sulla tutela del risparmio e su una responsabile gestione del credito, certamente contribuirebbe allo sviluppo economico del paese in modo più coerente con le sue necessità.
Nell’attuale sistema le normative poste a tutela dei risparmiatori sembrano risentire delle contraddizioni insite nel modello di banca universale: è
esemplare il caso della MIFID, nata con le migliori intenzioni, ma posta in essere con modalità che ne elidono in gran parte la capacità di tutelare effettivamente la clientela. Per esempio, sarebbe sufficiente che i questionari di profilatura del cliente da parte delle banche fossero uniformati e gestiti con un unico software di sistema collegato a CONSOB per far emergere immediatamente qualsiasi anomalia.
Analogamente, appaiono inadeguate le norme per una corretta informazione alla clientela sulla rischiosità dei prodotti finanziari collocati dalle banche, in quanto non vi è alcuna validazione da parte dell’autorità di vigilanza (CONSOB).
Le proposte portate avanti da First Cisl per rendere più esigibili le norme a tutela di risparmiatori e operatori bancari, si sommano a quelle avanzate nel 2013 con una proposta di legge popolare – con 120.000 firme raccolte – per regolamentare la retribuzione dei top manager. Appare sempre più necessario un provvedimento che, oltre a “calmierarne” i massimali, aiuti a collegarla ai risultati conseguiti e consolidati nel tempo. Una regolamentazione che, senza impedire le normali dinamiche di concorrenza, indirizzi gli amministratori a comportamenti meno spregiudicati e, soprattutto, maggiormente rivolti alla creazione di occupazione.
Oggi, i clienti si sentono spesso traditi. Anche i recenti provvedimenti di legge che, per salvare il patrimonio delle cosiddette “quattro banche” (Pop Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara), hanno azzerato i frutti delle fatiche di anni, forse di un’intera vita, di lavoro e sacrifici di tanti risparmiatori, non aiutano a ricomporre l’indispensabile rapporto fiduciario Banche/Paese.
Su questo tema First Cisl ha elaborato una proposta organica e sostenibile, che consentirebbe di tutelare, senza utilizzo di finanziamenti pubblici, i risparmiatori danneggiati, riconoscendo loro il diritto a beneficiare delle plusvalenze degli utili che saranno prodotti dalle quattro banche risanate e dal recupero dei crediti ceduti alla cosiddetta bad bank.
È anche ora, però, che le responsabilità dei tanti “disastri annunciati” – che non possono essere certamente ricondotte ai direttori di filiale o agli sportellisti – siano addebitate a chi, con decisioni e poteri, li ha effettivamente provocati.
Ed è ora che ai lavoratori sia consentito di “partecipare” – attraverso il possesso azionario di quote della banca, da riconoscere come elemento
della retribuzione – ai processi decisionali, contribuendo a una nuova organizzazione del lavoro, a un diverso approccio alla vendita dei prodotti, a
una rinnovata capacità di gestione del credito.

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