Si è concluso il seminario “non c’è banca senza impresa”
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Tra i temi al centro dell’evento, rivolto a top manager di banche italiane ed estere e alle imprese, le strategie per favorire le sinergie tra banca e impresa, l’erogazione del credito e la crescita economica.

Durante la mattina si sono svolti vari interventi, a cura di economisti e docenti universitari, atti ad analizzare la situazione del sistema bancario nel panorama italiano attuale e in una prospettiva futura imminente. Francesco Cesarini, banchiere ed economista ha illustrato una situazione delle banche molto grave poiché nel 2014 ci sono stati 350 miliardi di crediti deteriorati e 197 miliardi di sofferenze (soprattutto nel settore edilizio), il che implica un immobilizzo molto forte del sistema e la difficoltà di concedere prestiti. Cesarini, inoltre, ha invitato le banche ad avere un atteggiamento più deciso (evitando che il carico di una banca fallita crei problemi alle altre sane) e a ridurre filiali e personale. Secondo Luciano Munari, docente di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università degli Studi di Parma, il processo di Risk management nelle banche italiane è così concentrato su una visione interna da far sì che non ci si renda conto che il vero rischio è che le banche restino senza clienti. Munari ha presentato una ricerca realizzata, col supporto di Master Information, per capire gli andamenti del sistema, basata sulla compilazione di un questionario da parte di 24 banche. È emersa la tendenza ad una diversificazione degli investimenti e l’evoluzione del modello di servizio delle banche verso l’utilizzo, in maniera prevalente, di strumenti di supporto remoti (social media, customer care, etc.). Nel prossimo biennio, per quanto concerne le strategie nella rete distributiva, si prospetta invece un cambio del modello organizzativo delle filiali e una riduzione di costi.

Sono state, inoltre, presentate delle ricerche sul cambiamento e il dinamismo imprenditoriale nel territorio da importanti docenti di economia delle Università “Cattolica di Milano”, “Università Luigi Bocconi” di Milano e “Università degli Studi di Parma”. Da esse è emerso che si è assistito ad un cambio di scenario nel quale è evidente una spaccatura, anche all’interno di un solo settore, tra le imprese che sono riuscite ad ottenere buoni risultati e imprese che, invece, non ce l’hanno fatta e, ad oggi, si trovano in difficoltà. A generare questa discrepanza è stata l’attitudine di alcune aziende ad investire in certificazioni ambientali e ad innalzare la qualità, generando tratti distintivi propri dell’impresa; le aziende che si trovano in difficoltà, invece, non hanno fatto alcun salto qualitativo. Sebbene vi siano delle economie più promettenti, ad esempio quelle delle aree distrettuali evolute, distrettuali dinamiche e metropolitane, ci sono ancora dei problemi all’interno del mondo imprenditoriale: il più grande sembra all’interno delle imprese stesse, che non riescono ad attuare un ricambio generazionale, dimostrandosi la nuova generazione non interessata ad acquisire competenze imprenditoriali, per via della sfiducia nel potenziale del mercato. «La domanda di credito è una domanda di credito indiretto, è la ricerca di un partner che supporti lo sviluppo e il finanziamento dello sviluppo» ha risposto Guido Venturini, Direttore di Confindustria Bergamo, al giornalista Morya Longo de Il Sole 24 Ore che gli ha chiesto come le imprese potrebbero riuscire a farsi erogare credito dalle banche, in un momento in cui il tema delle imprese sottocapitalizzate è sempre più forte. Venturini ha riportato alcuni risultati interessanti delle imprese italiane: nove province italiane, site soprattutto nell’Italia Settentrionale, sono tra i venti territori più importanti per il manufatturiero a livello europeo e, nello specifico, Brescia e Bergamo rappresentano i due leader, con una capacità di incidenza percentuale di manufatturiero e imprese così significativa che neanche i territori tedeschi riescono ad averla. Il Direttore di Confindustria Bergamo ha affermato che, poiché le imprese escono dalla crisi in modo completamente diverse da come ci sono entrate, si sta modificando il loro modo di relazionarsi all’interno del sistema imprenditoriale, comprendendo che bisogna puntare su globalizzazione, internazionalizzazione, innovazione e ricerca, ed entrare nella logica del rispetto del format, delle richieste, della trasparenza. Venturini ha concluso aggiungendo: «Confindustra Bergamo ad esempio sta puntando molto sugli intangibili, spiegando l’importanza del racconto di accompagnamento dei numeri del bilancio dello stato patrimoniale con una serie di valorizzazioni di elementi difficili da raccontare. Questo può essere un volano per un approccio alternativo al mercato finanziario, qualora dall’altra parte si trovino interlocutori in grado di seguire questa strada e garantire un rapporto continuativo».

Importante spunto di riflessione è stato anche l’intervento del Direttore Generale dell’Associazione Industriale Bresciana, David Vannozzi, che ha raccontato l’esperienza di Bergamo e Brescia, ai primi due posti nel panorama europeo «non perché siano territori in cui vi è un’abbondanza di credito ma perché le imprese e le banche della zona non hanno una cultura tradizionale, scorretta, che non funziona», ha spiegato. Per quanto riguarda invece il mercato d’impresa, sebbene si sia ripreso, Vannozzi ha sottolineato la struttura fortemente polarizzata che fa sì che i soldi siano destinati alle imprese che vanno bene ma che non ne avrebbero bisogno e, oltretutto, usufruiscono di tassi sottocosto, intorno allo 0,75. L’auspicio del Direttore Generale dell’Associazione Industriale Bresciana, è che le banche imparino a confrontarsi col mercato, prendendo esempio dalle imprese che sono riuscite ad assicurarsi un posto nel mercato internazionale, essendo oggi l’Italia il secondo paese per esportazioni in Europa. Vanozzi, conclude, «I minibond hanno dei costi 4 punti percentuali superiori a quello del mercato e i nostri creditori sanno che o lo fanno per immagine o perché ritengono di avere progetti a lungo termine per i quali il minibond dà la garanzia per il lungo periodo. La borsa per le piccole imprese, invece, non decolla perché gli imprenditori devono comunque migliorare ancora la loro cultura finanziaria e le nostre associazioni devono fare in modo che certi modi di lavorare del passato non si utilizzino più».

Vincenzo Perrone, Professore di Organizzazione Aziendale, Università Bocconi ha manifestato la necessità di personalizzare il rapporto con l’impresa, offrendo un vantaggio competitivo attraverso un’offerta diversificata e personalizzata, senza pretendere di azzerare i rischi ma, piuttosto, dotandosi di capacità di discernimento e quindi valutando ogni caso singolarmente.

“Dal 2011 a oggi il credito bancario nelle imprese è calato di circa 10 miliardi e anche se c’è una stabilizzazione, ancora non c’è una vera ripresa e i motivi sono le sofferenze, le regole stringenti, la redditività più bassa, l’ingente costo delle filiali e la frammentarietà del sistema bancario, infine la bassissima propensione all’investimento» ha evidenziato Vincenzo Perrone.

Durante la seconda parte della mattinata si sono confrontati i rappresentanti di banche molto diverse, quali Intesa San Paolo, Unipol, Bcc di Roma, C.R. Asti, C. R. Savigliano, che hanno presentato le loro innumerevoli strategie messe in atto per creare un’apertura tra banche e imprese, ed è risultato che, nonostante ci sia la possibilità di usufruire di vantaggiose iniziative, ad esempio il Fondo di Garanzia, sono poche le persone che ne fanno richiesta perché scoraggiate dalle procedure complesse.

Le banche devono confrontarsi col mercato e devono mettere al centro l’impresa, guardando ad essa come ad “un centro ricavi”: in questo senso è necessario che le imprese vengano aiutate a sviluppare strumenti adeguati, ad esempio la realizzazione di business plan compiuti e puntuali e analisi prospettiche.

Alberto Naef, Top manager di UniCredit, ha parlato dell’importanza della comprensione del contesto e dunque la necessità di nuove forme di collaborazioni, utilizzo di prodotti flessibili e digitali, servizi di supporto della crescita finanziaria e personalized pricing.

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