Società senza regolarizzazione

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Società fuori dalla voluntary disclosure. La collaborazione volontaria è infatti riservata ai soggetti destinatari della compilazione del quadro RW. Lo ha ricordato Giuseppe Malinconico dell’Ufficio centrale per il contrasto degli illeciti fiscali internazionali (Ucifi), durante il convegno promosso ieri, a Roma, da banca Generali, per fare il punto sulla disciplina per la regolarizzazione dei capitali posseduti oltre i nostri confini, in violazione delle norme tributarie e di monitoraggio valutario.

Mentre, secondo quanto ItaliaOggi è in grado di anticipare sono quasi un centinaio i contribuenti che hanno già chiuso l’accordo volontario con l’Agenzia delle entrate in una fase, quella che ha preceduto l’emanazione del decreto legge, venerdì scorso, di sperimentazione della procedura di rimpatrio 2014.

L’Agenzia è comunque pronta a valutare la regolarità dei documenti di chi aderirà alla «voluntary disclosure» (la collaborazione spontanea per l’emersione delle attività finanziarie detenute all’estero), contenuta nel decreto varato lo scorso venerdì dal consiglio dei ministri. Ma per i beni che si trovano nei cosiddetti «paradisi fiscali», si prevede un innalzamento delle sanzioni dal 200 al 400%, in caso di infedele dichiarazione. All’indomani del via libera al provvedimento governativo (si veda ItaliaOggi del 25/01/2014), sono attese ulteriori istruzioni da parte dell’amministrazione finanziaria, i cui compiti sulle azioni di prevenzione e contrasto dell’evasione erano stati chiariti con la recente circolare 25/E del 31 luglio 2013, spiega, precisando come l’Ucfi, istituito con l’art. 12 del decreto 78/2009 (convertito nella legge 150/2009), abbia «una funzione d’indirizzo e un potere istruttorio, ma non di accertamento». Inoltre ha ricordato Malinconico che «alla procedura saranno ammesse persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali», ha precisato infine Malinconico, che «non esiste mai nel provvedimento una fase anonima perché il principio dell’operazione è quello di costruire un nuovo rapporto limpido e collaborativo fra il fisco ed il contribuente».

Prima del decreto dell’esecutivo Letta, che ora deve essere esaminato dal Parlamento, il 4 settembre è entrata in vigore la legge europea 97/2013, che ha stabilito per le violazioni dell’obbligo di dichiarazione delle consistenze all’estero una riduzione del sistema sanzionatorio, nonché la semplificazione degli adempimenti dei contribuenti nell’ambito del quadro RW. «Il testo governativo rappresenta un’opportunità importante, ma la certezza delle disposizioni la avremo soltanto una volta che le Camere si saranno pronunciate», sostiene Raul Angelo Papotti, dello studio legale Chiomenti, ricordando come la «voluntary disclosure» si applichi alle violazioni commesse fino al 31 dicembre 2013, e l’emersione sia consentita entro il 30 settembre 2015.

A quantificare la portata dell’operazione ci pensa Stefano Grassi, cfo di banca Generali secondo Bankitalia, all’estero vi sono capitali esportati illecitamente dell’ammontare di «150-200 miliardi, di cui circa l’80% in Svizzera». E, qualora il piano andasse a buon fine, «stimiamo che possa esserci un introito per le casse dello stato intorno ai 15 miliardi». Il clima globale, aggiunge, «è cambiato», indicando di guardare con interesse al forum italo-elvetico che si terrà, proprio sul segreto bancario, a Berna il 30-31 gennaio. Tuttavia, si rammarica Luigi Ciampoli, procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, sarebbe stato opportuno affiancarvi, in un testo normativo «tanto atteso», pure il reato di auto-riciclaggio, per rendere penalmente rilevanti le movimentazioni finanziarie effettuate dalla stessa persona che commette un reato fiscale sui propri conti. «Aspetto di leggere il dl nella sua interezza, ma», evidenzia, concedendo uno sconto sul fronte fiscale, lo stato riconosce così «la sua impotenza» nel recupero del dovuto.

Alla «voluntary disclosure», provvedimento che «va incoraggiato», è impossibile affibbiare l’appellativo di «condono», chiarisce Giuseppe Corasaniti (docente di diritto tributario all’università di Brescia), perché assume, invece, i contorni del «ravvedimento operoso»: gli importi, infatti, «saranno calcolati in maniera rigorosa, non vi sarà una determinazione forfettaria». E, aspetto determinante, «il contribuente dovrà giustificare anche l’origine di tali capitali», mentre è una delle prime volte, continua, che il gettito derivante dal rientro dei capitali dall’estero è destinato alla riduzione della pressione fiscale. Non basta, conclude, però, ravvedersi, bensì occorrerà essere «collaborativi nel futuro». E praticare quella «tax compliance» sulla quale scommette (da tempo) l’Amministrazione finanziaria.

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