Spesso si crede che dietro un accertamento dell’Agenzia delle Entrate vi sia un funzionario che si mette a scandagliare le dichiarazioni dei redditi
L' Agenzia delle entrate ha tre armi per scoprire chi non paga le tasse.
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L’ Agenzia delle entrate ha tre armi per scoprire chi non paga le tasse. Useremo un linguaggio semplice e ricco di esempi per far comprendere le regole tributarie anche ai meno esperti.

Il redditometro

Il tradizionale strumento di cui si vale l’Agenzia delle Entrate per scovare le evasioni fiscali è il cosiddetto Redditometro. Questo software è in grado di mettere su un piatto della bilancia le spese sostenute dal contribuente in un periodo d’imposta e, sull’altro piatto, i redditi dichiarati. A quel punto, semmai le uscite dovessero risultare superiori di oltre il 20% alle entrate, scatterebbe un allarme che porterebbe l’ufficio a chiedere spiegazioni al contribuente. 

A far scattare il Redditometro sono soprattutto alcuni beni considerati di lusso come auto, abitazioni, viaggi, finanziamenti, canoni di locazione. Sono tutte spese per le quali l’Agenzia delle Entrate viene notiziata in quanto il contribuente, nel sostenerle, deve fornire il proprio codice fiscale. 

In ogni caso, secondo la Cassazione, nel valutare il potere di acquisto di ogni contribuente il fisco deve tenere conto anche dell’eventuale contributo offerto dai familiari conviventi. Così è normale che un ragazzino disoccupato possa intestarsi un motorino in quanto ottenuto grazie ai soldi dei genitori. Tuttavia, proprio per evitare contestazioni, è sempre meglio che eventuali pagamenti da parte dei parenti vengano fatti con strumenti tracciabili come bonifici o assegni non trasferibili.

Esempio: Luca è un giovane che dichiara uno stipendio di 900 euro al mese. Ad agosto decide di fare un viaggio vacanza che paga 6.000 euro e, nel mese invernale, prende in affitto uno chalet in montagna al prezzo di 2.000 euro di canone. In più acquista un’auto del valore di 30mila euro. A fine anno, l’Agenzia delle Entrate lo convoca perché risulta che abbia speso molto più di quanto ha guadagnato. «Con quali soldi hai pagato queste spese?» Vorrà sapere il funzionario del fisco. E Luca dovrà essere pronto a fornire la prova della provenienza lecita delle somme utilizzate.

Il Risparmiometro

Il Risparmiometro è un algoritmo innovativo, sviluppato dall’Agenzia delle Entrate, che serve a monitorare la corrispondenza tra i risparmi del contribuente e il reddito da questi dichiarato. Funziona un po’ come il Redditometro con la differenza che, invece di calcolare le spese effettuate, verifica l’entità dei soldi risparmiati ossia accumulati sul conto. Per comprenderne il funzionamento facciamo un esempio.

Esempio: immaginiamo Gennaro che riceve regolarmente il suo stipendio sul conto corrente, ma che nel tempo libero svolge un’attività remunerativa non dichiarata. Questi guadagni “in nero” vengono tenuti lontani dal conto corrente e conservati in modo più discreto, ad esempio “sotto il materasso”. Gennaro utilizza questi guadagni extra per le spese quotidiane, come l’acquisto di generi alimentari, vestiti per i figli, viaggi e rifornimenti di benzina. Alla fine dell’anno, sul suo conto corrente si riscontrano solo i versamenti derivanti dal suo stipendio ufficiale, senza alcun prelievo. Questa situazione fa emergere un’evidente evasione fiscale: come può questo individuo, dichiarando come unico reddito quello da lavoro dipendente, mantenere se stesso e la sua famiglia durante l’anno senza aver mai fatto un prelievo dal conto corrente?

Il Risparmiometro dunque è in grado di verificare se il volume di denaro risparmiato sul conto corrente è incompatibile con le spese che un contribuente medio deve sostenere per mantenere sé stesso e la sua famiglia. Sicché, se risulta che il reddito lasciato in banca è superiore a tale soglia, subito scatta un accertamento.

L’Anagrafe dei conti correnti

Più propriamente chiamata “Registro dei rapporti finanziari”, la cosiddetta Anagrafe dei conti correnti è una sezione dell’Anagrafe tributaria: un maxi database con cui il fisco controlla tutti i contratti in essere tra cittadini e istituti di credito. Si tratta di un archivio alimentato dalle informazioni che le stesse banche forniscono al fisco e che annualmente aggiornano. In questo calderone finiscono i conti correnti, i finanziamenti, gli investimenti, le cassette di sicurezza. In questo modo l’Agenzia delle Entrate è in grado di sapere tutto ciò che un contribuente fa con i propri soldi: versamenti in contanti, prelievi, bonifici ricevuti ed effettuati e, non in ultimo, il saldaconto. 

Sotto controllo però finiscono solo i movimenti in entrata sul conto ossia i versamenti dei soldi allo sportello e i pagamenti ricevuti con bonifici. Prelievi e bonifici in uscita invece non finiscono sotto la lente del fisco. Difatti il Testo Unico delle Imposte sui Redditi pone una «inversione dell’onere della prova»: ogni somma che affluisce sul conto corrente che non viene indicata nella dichiarazione dei redditi si presume essere reddito imponibile e quindi da tassare. Spetta al contribuente dimostrare il contrario, ossia che è esentasse (come una donazione) o che è stato già tassato alla fonte (come una vincita al gioco). Se questa prova non viene fornita, scatta subito l’accertamento fiscale. 

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