Strada spianata al rent to buy

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Il governo sblocca anche il rent to buy, ovvero il contratto con il quale una parte si assicura il godimento di un bene immobile con diritto di acquistarlo entro un termine predeterminato e imputando al prezzo i canoni versati al costruttore/proprietario. Sorto nella prassi negoziale di questo periodo di forte crisi economica e del mercato immobiliare, il c.d rent to buy, pur rimanendo un contratto molto flessibile dal punto di vista dei contenuti, acquista una sua più netta cornice giuridica, garantendo maggiore certezza a chi acquista e a chi vende e, quindi, una maggiore diffusione dell’istituto.

Questo uno degli effetti del dl sblocca Italia, in vigore dallo scorso venerdì 12 settembre.

Una novità sopra tutte: la possibilità per il futuro acquirente di trascrivere il contratto nei registri immobiliari, applicando analogicamente la disciplina specifica introdotta per i contratti preliminari. Qualche dubbio in più rimane invece per il trattamento fiscale, in quanto la fusione di elementi tipici dei contratti di godimento e di quello di compravendita potrebbe comportare una duplicazione delle imposte. Su questo aspetto, però, il Consiglio nazionale del notariato, in un primo commento pubblicato sul proprio sito internet, nel quale si sottolinea anche la paternità delle proposte sostanzialmente recepite dal governo, ritiene che si possa seguire un’interpretazione già applicata nel recentissimo passato dall’Agenzia delle entrate e volta a decurtare ai fini fiscali dal corrispettivo stabilito per la vendita l’ammontare degli acconti sul prezzo versati per il godimento anteriore dell’immobile. Ma andiamo più nel dettaglio del contenuto dell’art. 23 del dl n. 133/2014.

Il contenuto del contratto di rent to buy. Il vero nome di questo nuovo istituto, così come indicato nella rubrica del predetto art. 23, è quello di contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili. Un nome lungo e difficile da ricordare, ma che sintetizza in modo preciso contenuto e finalità di questo strumento.

Mediante esso, infatti, chi intende acquistare un immobile ma ha necessità di rimandare a un prossimo futuro il trasferimento di proprietà e il saldo del prezzo, pur volendo però iniziare a goderne immediatamente, può proporre al costruttore/proprietario di consentirgli l’utilizzo del bene a fronte di un corrispettivo mensile, che al momento dell’acquisto sarà imputato in tutto o in parte al corrispettivo della vendita. Scopo del contratto è quindi quello di permettere al futuro acquirente l’immediato conseguimento dell’immobile, diluendo però nel tempo l’impegno finanziario, e al venditore di collocare immediatamente il bene mettendolo a reddito e iniziando così a sgravarsi degli oneri finanziari sostenuti.

 

La disciplina. Come detto il rent to buy ha un contenuto molto flessibile, potendo le parti stabilire autonomamente ad esempio il prezzo finale di acquisto, la durata del godimento del bene anteriore alla vendita, l’importo mensile dei canoni da anticipare al proprietario e la misura in cui gli stessi potranno poi essere scontati sul corrispettivo finale ecc.

L’art. 23 del dl n. 133/2014 disciplina invece degli aspetti specifici a tutela dell’affidamento dei contraenti, che possono essere indifferentemente privati, imprese e professionisti.

In primo luogo questi contratti possono essere trascritti nei registri immobiliari sulla base della disciplina già prevista per i contratti preliminari di acquisto degli immobili (articoli 2645-bis c.c.), tutelando quindi il futuro acquirente nei confronti dei soggetti terzi. Viene però opportunamente elevata la durata massima dell’efficacia prenotativa che discende da tale iscrizione, che passa da tre anni all’intera durata del rent to buy, purché entro il limite di 10 anni.

Per la disciplina del godimento dell’immobile viene quindi fatto espresso riferimento alla normativa codicistica in materia di usufrutto, valorizzando le differenze che intercorrono tra detta fattispecie e la locazione vera e propria. Nell’interesse del proprietario viene invece previsto che l’accordo si risolva ove il futuro acquirente non paghi, anche non consecutivamente, un numero minimo di canoni, che può essere consensualmente stabilito dalle parti ma che non può essere inferiore a un ventesimo del loro numero complessivo.

In caso di risoluzione del contratto per inadempimento il proprietario dovrà quindi restituire la (sola) parte dei canoni imputata al prezzo di vendita, maggiorata degli interessi legali. In caso contrario, invece, il futuro acquirente dovrà restituire l’immobile e perderà il diritto al riscatto dei canoni, i quali saranno incassati dalla controparte a titolo di indennità, salvo diversa previsione contrattuale.

Ove il bene immobile consista in un’abitazione viene poi espressamente richiamato l’art. 8 del dlgs n. 122/2005 in tema di garanzie degli acquirenti in relazione agli immobili da costruire.

In particolare la previsione per cui il notaio non può procedere alla stipula dell’atto di compravendita se non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o il frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile viene anticipata già all’inizio del godimento del bene frutto della stipula del contratto di rent to buy.

In caso di fallimento di una delle parti del contratto viene poi prevista una specifica disciplina. In particolare, ove a fallire sia il proprietario del bene, il contratto è destinato a continuare a meno che il curatore del fallimento, sentito il comitato dei creditori, giudichi più opportuno esercitare l’azione revocatoria a tutela dei creditori.

 

Profili tributari. L’art. 23 del dl n. 133/2014 non si occupa invece dei profili fiscali dei contratti in questione, né sembra richiamare le disposizioni tributarie già introdotte per la locazione con riscatto a termine degli alloggi sociali di cui all’art. 8 del dl n. 47/2014 (convertito con modificazioni dalla legge n. 80/2014), normativa che pure viene espressamente richiamata al comma 7 della predetta disposizione per ampliare l’ambito applicativo della disciplina sui c.d. alloggi sociali.

Il principale problema segnalato dal Notariato è come detto quelle relativo a una possibile duplicazione dell’imposizione fiscale.

Il citato studio del Consiglio nazionale ritiene però applicabile una soluzione interpretativa recentemente prospettata proprio dall’Agenzia delle entrate in una consulenza giuridica dello scorso 13 febbraio 2014 resa all’Ordine dei dottori commercialisti di Monza per una fattispecie riguardante un contratto di locazione collegato a una opzione, nel quale si prevedeva che nel caso di esercizio del diritto di acquisto il corrispettivo stabilito per la vendita sarebbe stato decurtato degli acconti sul prezzo e dei canoni di locazione pagati fino al momento dell’opzione.

L’Agenzia delle entrate aveva infatti ritenuto che, ai fini dell’applicazione dell’Iva, si potesse considerare come base imponibile della cessione il saldo del prezzo, al netto di quanto già versato, considerando che tali somme avevano già avuto una propria rilevanza ai fini della riscossione del tributo.

Analogamente, agli effetti delle imposte sui redditi, si è ritenuto che allorché il conduttore eserciti l’opzione emerga una componente di reddito rilevante ai fini Ires pari alla differenza fra il prezzo della cessione, al netto dei proventi che abbiano già concorso alla formazione del reddito nei periodi di imposta precedenti a titolo di canoni di locazione, e il costo fiscale del bene. Il Notariato ritiene quindi che detta soluzione interpretativa sia in linea con quanto dallo stesso ritenuto in merito all’imposta di registro, sembrando ragionevole estendere a detta fattispecie il meccanismo dell’imputazione dell’imposta di registro proporzionale pagata in relazione alle somme, anticipate durante il periodo di godimento dell’immobile, in sede di tassazione del contratto definitivo di trasferimento del bene. Il Consiglio nazionale ricorda inoltre che nelle ipotesi di compresenza di una locazione e di un contratto preliminare con obbligo bilaterale occorre tenere conto delle disposizioni di cui all’art. 2, comma 2, n. 2, del dpr n. 633/72 e all’art. 109, comma 2, lett. a), del dpr n. 917/86, che considerano come cessione la locazione con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti.

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