Un incubatore per evitare l’emorragia di talenti e idee dei dipendenti Google
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Per la serie: se hai un progetto puoi proporlo in casa tua senza scappare altrove. Nonostante Big G sia la migliore azienda del mondo in cui lavorare – l’ha certificato un recente rapporto di Fortune – evidentemente il problema continua a essere significativo. Per questo Mountain View starebbe pensando di lanciare Area 120, un incubatore guidato dagli esperti manager Don Harrison e Bradley Horowitz per spingere sull’innovazione al di là delle proprie tradizionali divisioni interne.

L’indiscrezione, legata a un articolo di The Information, non è stata confermata ma in fondo sarebbe la logica conclusione delle filosofie che da sempre contraddistinguono la gestione della forza lavoro del colosso. Come, fra le tante, quella storica del “20% time”, cioè la possibilità concessa ai lavoratori di dedicare parte del proprio tempo in ufficio a progetti collaterali, progressivamente abbandonata.

Proprio da idee spuntate e sviluppate in parallelo grazie a quel programma sono nati progetti vincenti come Gmail. A quanto pare serve un rilancio di quel genere di dinamica.

Difficile capire come si evolverà il progetto ma il quadro di base è chiaro. Team di dipendenti di Google si candideranno per avere accesso full-time all’incubatore per un periodo di alcuni mesi, in base a un business plan stilato intorno a un’idea innovativa da sviluppare. Proprio come accade per incubatori e acceleratori “tradizionali”, aperti a chiunque. Al termine del periodo arriverà l’esame, tramite analisi di quanto prodotto e canonico pitch di fronte ai grandi capi, in virtù del quale il progetto potrà eventualmente ricevere ulteriori fondi e nella migliore delle ipotesi trasformarsi in una società a tutto tondo partecipata da Google. Senza il rischio che qualcuno traghetti altrove idee e invenzioni.

Il quartier generale sarà nei nuovi uffici di San Francisco e l’obiettivo è ovviamente spingere sulle capacità imprenditoriali dei dipendenti e scovare nuovi filoni di business. Ma, come si diceva, anche limitare le fughe che vanno in scena di tanto in tanto. E che spesso hanno assunto il sapore della beffa come nel caso di Instagram, fondata da Kevin Systrom, per due anni in forze a Google. Uno degli ultimi brucianti addii è quello di Regina Dugam, già ex direttrice della statunitense Darpa e a capo dell’Advanced Technology and Projects di Big G, appena passata a Facebook per dedicarsi alle soluzioni hardware e di connettività.

In fondo la stessa, clamorosa riorganizzazione del gruppo nella holding Alphabet, racconta esattamente la volontà di tornare a fare innovazione diffusa e di lasciare all’universo delle società e delle funzioni il proprio spazio di azione. C’è da capire in che modo i fondi che già investono per conto di Google nelle startup più interessanti, Ventures e Capital, s’intrecceranno al piano Area 120.

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