UniCredit chiude il 2015 con un monte dividendi potenziale superiore a quello del 2014

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Lo ha detto ieri il ceo Federico Ghizzoni, al termine dell’ultima riunione del cda prima della pausa festiva: «Noi abbiamo fatto a oggi un accantonamento per dividendi che è di 12 centesimi per azione e, quindi, più alto di un anno fa e anche di due anni fa». La decisione finale sulla cedola si prenderà a inizio febbraio, quando si approveranno i conti del 2015, tuttavia la situazione attuale consente al manager di tornare a smenire chi, sul mercato, conserva qualche perplessità sulla capacità della banca di erogare dividendi cash e soprattutto sulla necessità di un aumento di capitale: «Non ne abbiamo alcun bisogno – ha scandito ieri Ghizzoni -, siamo totalmente certi che genereremo capitale in misura sufficiente e consistente nell’arco del piano industriale. D’altronde abbiamo previsto 180 miliardi di nuovi crediti, e se avessimo bisogno di un aumento certo non ci troveremmo a sbandierare questi dati».
Durante il cda di ieri il manager ha fornito al board un’informativa sulla riorganizzazione dell’attività retail di Bank Austria annunciata lunedì, sul piano di salvataggio delle quattro banche e sull’implementazione del piano industriale varato a novembre, che tra i prossimi passi prevede il trasferimento delle controllate del Centro-est Europa sotto la holding. Al board è stato sottoposto anche un aggiornamento del processo di cessione della non core bank, nell’ambito del quale proprio ieri è stata annunciata (si veda l’altro articolo qui sotto) la vendita di due portafogli di crediti non performing. UniCredit, ha ricordato Ghizzoni, intende smaltire 33 miliardi di asset facenti capo alla non core bank di qui al 2018: di questi, 6 dovrebbero essere oggetto di cessioni vere e proprie. Conti alla mano, è verosimile – ha detto Ghizzoni – che l’anno prossimo il gruppo ne venda il 33%, dunque circa 2 miliardi, anche se sarà decisivo l’andamento del mercato. E qui si innesta il tema della bad bank, o comunque delle iniziative del governo a sostegno del mercato degli Npl, ieri ancora citate dal ministro Padoan a margine del piano della Cdp: «Comincio a pensare che, se non si trova un accordo entro il 2015, valga la pena di confrontarsi con Bruxelles solo se c’è qualcosa di concreto da discutere. Sono realisticamente abbastanza pessimista sul fatto che l’iniziativa di sistema venga fatta nel 2016». «Se viene, ben venga – ha aggiunto – ma non credo che comprerà asset sussidiando le banche. Penso che le banche italiane dovranno gestirsi lo stock di crediti deteriorati con le loro forze: non mi aspetto aiuti significativi dall’esterno». Per quanto riguarda UniCredit, «il nostro stock di crediti deteriorati e classificati va nella direzione giusta, cioè in giù».
Ghizzoni ieri ha parlato anche di Rcs, all’indomani dell’assemblea che ha rinnovato la delega all’aumento di capitale e alla vigilia del board che oggi esamina il nuovo piano industriale. «Non mi aspetto che l’aumento venga proposto nel piano, se poi sia necessario o no dovremo. Abbiamo comunque dato la nostra disponibilità formalizzata su un accordo di standstill che scade dopo dicembre proprio per consentire al nuovo management di lavorare sul piano, presentarlo al proprio consiglio e poi alle banche». Queste ultime «sono oggi in posizione di attesa e tutte d’accordo, senza grossi problemi, a concedere uno standstill – ha concluso Ghizzoni – io mi fermo qui perché non so cosa c’è nel piano, speriamo di poter incontrare i vertici Rcs e di esaminarlo».

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