Allerta per le microplastiche, il nemico invisibile nell’acqua di casa
I contaminanti chiamati microplastiche, che sono polimeri sintetici o semisintetici di dimensioni comprese tra 1 μm e 5 mm, sono ormai diffusi ovunque, soprattutto negli ambienti acquatici. La produzione in aumento, il basso costo e la loro resistenza alla degradazione stanno causando un accumulo costante di rifiuti di plastica sulla Terra, diventato uno dei problemi…

I contaminanti chiamati microplastiche, che sono polimeri sintetici o semisintetici di dimensioni comprese tra 1 μm e 5 mm, sono ormai diffusi ovunque, soprattutto negli ambienti acquatici. La produzione in aumento, il basso costo e la loro resistenza alla degradazione stanno causando un accumulo costante di rifiuti di plastica sulla Terra, diventato uno dei problemi ambientali più gravi attualmente esistenti.

Lo studio

Secondo un recente studio pubblicato su Scientific Reports, anche l’apertura di imballaggi in plastica può contribuire alla diffusione di microplastiche nell’ambiente. Inoltre, l’ambito domestico gioca un ruolo importante: solo una famiglia media di 4 persone che beve acqua in bottiglia quotidianamente può produrre ben 72 kg di plastica in un anno. Per produrre questa quantità di plastica, è necessario utilizzare 137 kg di petrolio e questo comporta l’emissione di 242,1 kg di CO2. Questi sono i dati del tool chiamato Impact Simulator di Culligan, un’azienda leader nel trattamento dell’acqua, che è facilmente accessibile per i cittadini e che permette di valutare la propria impronta ecologica basata sul consumo annuo di acqua in bottiglia.

La distinzione delle microplastiche

Non tutte le microplastiche sono uguali: una distinzione importante fatta dall’Istituto Superiore di Sanità è quella tra primarie e secondarie.

  • Le prime microplastiche sono prodotte intenzionalmente in forma di piccole particelle e sono utilizzate in molti prodotti come cosmetici (trucchi, detergenti, dentifrici), vernici, paste abrasive e fertilizzanti. Queste particelle sono utilizzate per le loro proprietà esfolianti e leviganti o per mantenere lo spessore, l’aspetto e la stabilità del prodotto.
  • Tuttavia, le microplastiche più impattanti e difficili da controllare sono quelle secondarie, che rappresentano il 68-81% delle microplastiche presenti negli oceani. Queste sono originati dall’usura, dal deterioramento e dalla frammentazione di materiali in plastica più grandi, come bottiglie, buste di plastica, tessuti sintetici e pneumatici.

La degradazione della plastica

La plastica, se non smaltita correttamente, viene sottoposta a processi di degradazione molto lenti come l’esposizione alla luce, i processi termo-ossidativi o la biodegradazione. Questi processi indeboliscono l’integrità del materiale originale, causando la frammentazione in pezzi più piccoli di 5 mm.

L’impatto delle microplastiche secondarie

Non è una coincidenza che le microplastiche secondarie siano la maggior parte delle microplastiche presenti nell’ambiente, avendo un impatto negativo sulla salute degli ecosistemi naturali. Tuttavia, come evidenziato dall’Istituto Superiore di Sanità, i dati attualmente disponibili non sono sufficienti per fornire un quadro definito sulla tossicità delle microplastiche per l’uomo.

La contaminazione delle acque dolci

C’è una ragione per cui la Direttiva UE 2020/2184 sulle acque destinate al consumo umano afferma che è necessario sviluppare strategie per la prevenzione e il controllo delle microplastiche, nonostante le informazioni disponibili non siano sufficienti a fornire un quadro definito sulla loro tossicità per l’uomo. Questo perché le microplastiche non sono limitate solo ai mari, ma contaminano anche acque dolci, sedimenti, terreno e aria. La direttiva sottolinea l’importanza di analizzare il rischio specifico del sito per garantire la purezza delle risorse idriche e prevenire la contaminazione da questi contaminanti emergenti.

I rischi per la catena di approvvigionamento

La Direttiva ha introdotto una strategia per identificare e gestire i rischi per la qualità dell’acqua nell’intera catena di approvvigionamento. Ha anche creato un elenco di sostanze emergenti come le microplastiche e gli interferenti endocrini, tra cui il Bisfenolo A, che devono essere monitorate. Gli Stati membri erano obbligati a incorporare questa Direttiva nella loro legislazione nazionale entro gennaio 2023, come è stato fatto dall’Italia. Siamo quindi ora pienamente impegnati nella fase di attuazione di questa normativa.

Come agire in attesa della legislazione

C’è la possibilità di agire su due fronti: il primo consiste nell’utilizzare il minor numero possibile di prodotti in plastica, al fine di prevenire la formazione di microplastiche e ridurre l’impatto ambientale. Ognuno può fare la sua parte, adottando il più possibile uno stile “senza plastica”, anche a livello personale.

Il secondo fronte su cui agire è quello della scelta di acque salubri e sicure, in particolare per quanto riguarda l’acqua destinata al consumo umano. Ad esempio, scegliere di bere acqua del rubinetto al posto di quella in bottiglia è una semplice azione che ognuno di noi può fare, soprattutto se si considera che l’Italia è il secondo paese al mondo per consumo di acqua in bottiglia.

I sistemi di filtrazione dell’acqua

La scelta di bere acqua del rubinetto è ulteriormente agevole grazie ai moderni sistemi di filtrazione al punto d’uso che permettono di migliorare ulteriormente la qualità dell’acqua del rubinetto, sia per l’ambiente che per le finanze delle famiglie. Secondo le stime dell’UE, l’adozione della nuova normativa potrebbe comportare una riduzione del 17% nell’uso di acqua in bottiglia di plastica, con un risparmio stimato di 600 milioni di euro all’anno per le famiglie europee e con enormi benefici per l’ambiente.

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