Bancari sfrattati. Ora vanno sulla strada

Ancora nessun commento

Nel giro di pochissimi anni il settore bancario si è scoperto in crisi di risultati e di prospettive. Con una mossa senza precedenti ha disdettato con un anno di anticipo il contratto collettivo di lavoro e si appresta a una trattativa durissima per quantificare un piano massiccio di esuberi, contratti di solidarietà e altro armamentario sindacale per fare passare un’accelerazione sul piano di riduzione del personale su larga scala che metterà a repentaglio la mitica sicurezza del posto in banca per forse 30.000 dipendenti su 300.000. Lo scontro che si sta preparando sul tavolo delle trattative  verterà anche sull’interpretazione dei risultati economici, non più accettabili secondo la versione dell’ABI e non così terribili per il sindacato che userà le trimestrali delle maggiori banche e la crescita dei profitti per contrapporre una linea di difesa.

A mio avviso il centro del problema non è tanto l’evidenza sulla crisi di redditività del sistema bancario nazionale che è inconfutabile, come mostra questo primo grafico elaborato da KPMG nel suo studio “Sportelli bancari e nuovi modelli distributivi”, ma le cause che determinano risultati così magri. E se fra le cause anche in questo blog è sempre stata indicata la crescita esponenziale delle sofferenze e del credito deteriorato, ugualmente importante è la dimensione dei costi fissi che le banche italiane si trovano a sostenere per l’eccesso di sportelli e di personale che si trovano a gestire. L’analisi di KPMG è purtroppo spietata nel confronto fra l’andamento del sistema bancario italiano e quello dei principali paesi europei in tema di numerosità di sportelli, come mostrano questi grafici in sequenza.

La tabella mostra la follia italiana delle filiali nel periodo 1997-2011 crescita del 33% in Italia, riduzione del 40% in Germania, che comunque presenta indicatori di costo peggiori di quelli italiani a partire da un cost/income dell’84% che non depone a favore della salute delle banche tedesche. Ma i 54 sportelli per ogni 100.000 abitanti si confrontano con una media europea scesa da 48 a 41 nel 2011.

A partire dal 2008, il progressivo deterioramento del contesto economico e l’acuirsi della crisi finanziaria hanno inciso in modo significativo sui risultati delle banche mettendone sotto pressione le strutture di costo. In questo contesto, le attuali reti distributive bancarie, pensate per incrementare l’efficacia e la prossimità commerciale, non appaiono più coerenti con la ricerca di efficienza del settore. (fonte KPMG)

E’ dunque probabile che il sindacato attacchi i vertici delle maggiori banche proprio sulla miopia dimostrata nella crescita progressiva del numero di sportelli nel lungo periodo felice per le banche, crescita ininterrotta fino al 2011 a dispetto di quanto accadeva già negli altri paesi europei dove le banche stavano riducendoli. In effetti la sola lettura di questi grafici e dati getta un’ombra tutt’altro che banale sulla leadership delle banche che ha portato a una sovracapacità massiccia nonostante le aspettative sempre più concrete di aumento dell’operatività fuori dagli sportelli attraverso la rete, i pc, gli smartphone e i tablet.

Di sicuro resta che le banche non stanno più vendendo filiali a peso d’oro, ma oggi stanno addirittura chiudendo sportelli che sono in larga parte in perdita, cancellando contratti d’affitto o vendendo quelli ancora di proprietà. Problema non banale è che gli sportelli contengono persone e quindi l’eccesso non è solo di punti di vendita fisici ma anche di persone, molte persone che stanno per essere sfrattate dai loro confortevoli luoghi di lavoro.

La domanda è: che ne sarà di tutti questi bancari sfrattati? Alcuni sono in età di pensione e verranno messi alla porta con una certa fretta, altri vicini alla pensione usufruiranno di scivoli pensionistici che accelerano la riduzione dei costi ma altri ancora dovranno essere riciclati in qualche modo. I metodi non sono molti: il più sbrigativo è la vendita in blocco di unità di backoffice come ha fatto MPS che sta cedendo centinaia di persone al duo Bassilichi-Accenture con le resistenze e il lamento che potete leggere in questo articolo. Il secondo, che non è ancora partito in larga scala, sarà il tentativo di ridurre prima, ed esternalizzare poi, i costi del personale trasformando una quota di personale fisso in ‘personale viaggiante’ senza contratti a tempo indeterminato ma con rapporti di collaborazione di vario tipo. Lo dicevo da tempo che le banche avrebbero dovuto considerare la possibilità di avere reti esterne di ex-dipendenti con sistemi di remunerazione variabile, probabilmente più premianti e incentivanti di quanto sia possibile oggi concedere a chi ha il posto sicuro. Unicredit ha annunciato una prima iniziativa su una fascia di 500 persone e su un gruppo oltre i 55 anni a cui sarà offerto un cambiamento di vita: non saranno più ospiti degli uffici della banca, bensì sulla strada con la loro automobile a visitare clienti. Per ora con lo stesso contratto, domani chissà.

Questa è la grande novità che mi aspetto nei prossimi anni: reti esterne, collegate da strumenti e supporti, quasi certamente monomarca, ma remunerate interamente sui risultati a variabile.

Del resto che il personale bancario debba essere ‘mobile’ lo dicono anche esperimenti come quello riportato da Italia Oggi sull’iniziativa della Kölner Sparkasse e di altre casse di risparmio tedesche, che hanno rinunciato alle classiche filiali lanciando nella parte est della Germania un servizio mobile basato su bus attrezzati come uffici.

Potete sorridere o fare ironia sul bancario-mobile ma l’idea è concreta e tutt’altro che illogica. E’ solo questione di tempo e vedremo il logo delle banche su qualche minivan nelle piazze delle nostre cittadine.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI