«Banche svizzere a rischio stop in Italia»

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«Il governo italiano potrebbe impedire alle banche svizzere di vendere prodotti finanziari ai cittadini italiani»: la bomba che scuote l’ovattato mondo finanziario e politico scoppia nel tardo pomeriggio quando le agenzie riportano le parole di Jacques de Watteville, segretario di stato per le questioni finanziarie internazionali del governo di Berna. Autorevole la fonte, ufficiale la circostanza: il rappresentante elvetico pronuncia quelle parole nel corso di una conferenza stampa in cui traccia il bilancio delle trattative avviate in campo bancario dalla Svizzera nell’ultimo anno.

Il possibile boicottaggio di Roma ai prodotti finanziari elvetici viene letto come una misura ritorsiva all’esito del referendum di una settimana fa in seguito al quale la Svizzera introdurrà limiti agli ingressi degli stranieri nel suo territorio: una misura che potrebbe colpire anche i lavoratori frontalieri italiani ma che soprattutto incrina il principio della libera circolazione delle persone sottoscritto da Berna con la Ue.
Ma quanto è reale il rischio che l’Italia imponga l’embargo all’attività delle banche svizzere? Sul punto le parole di de Watteville sono state sfumate: «La settimana scorsa sono stato a Roma — ha riferito testualmente — e mi è stato chiaramente detto che non può esservi accesso ai mercati finanziari europei senza la libera circolazione delle persone. Il sostegno che potevamo attenderci da certi Paesi non è più scontato». Secondo il segretario di Stato, Roma imporrà il blocco se non verrà assicurato ai lavoratori italiani il libero ingresso nel territorio elvetico. Un accordo sull’attività delle banche svizzere nei Paesi Ue è stato sottoscritto proprio pochi mesi fa ma esso prevede che ogni singolo stato possa recedere autonomamente da quel patto.
Il ministero di Fabrizio Saccomanni per il momento non ha commentato ufficialmente le frasi di de Watteville. Fonti del Tesoro tuttavia fanno sapere che il negoziato con la Svizzera andrà comunque avanti ma che la stella polare di questo dialogo sono i trattati sottoscritti con la Ue secondo i quali la libertà di circolazione dei capitali e delle persone non sono distinguibili. Nessuna ritorsione, ma verrà compiuta una valutazione complessiva del comportamento di Berna alla luce di quel trattato.
La possibilità che l’Italia alzi barriere protettive come risposta al referendum antimmigrati è stata per il momento accolta con molto aplomb sulla piazza finanziaria d’oltreconfine. «Mi pare che per il momento siamo nella fase della missilistica verbale — è la battuta di spirito con la quale Claudio Generali presidente dell’associazione delle banche del Canton Ticino prova a stemperare la tensione — e dopo il voto a sorpresa di una settimana fa era quasi scontato che saremmo entrati in una fase per così dire muscolare. In ogni caso la mossa italiana non ci preoccupa: sono poche le banche svizzere che attualmente hanno l’autorizzazione a vendere prodotti finanziari in territorio italiano. Anzi, il libero accesso delle nostre aziende del credito sul mercato italiano era uno dei punti della trattativa in corso tra Roma e Berna».

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