Bpm, “associazioni” in guerra per l’assemblea

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«Per le banche popolari e indipendenti”, l’associazione che fa capo a tre ex consiglieri d’amministrazione, Ruggero Cafari Panico, Enrico Castoldi e Maurizio Cavallari. “Lisippo”, riconducibile a un altro ex consigliere e dirigente, Giovanni Bianchini. “Il patto”, il cui leader secondo alcuni potrebbe essere Elio Canovi, lo stesso cui fa già capo l’associazione pensionati Bpm. Queste tre associazioni della Bpm sono spuntate fuori come funghi negli ultimi tempi. Inoltre, si è rivitalizzato il gruppo di soci raccolti intorno a “Per la cooperativa” che aveva appoggiato nel dicembre 2013 il presidente Piero Giarda. Resta poi sempre viva l’associazione fra i soci non dipendenti, guidata da Piero Lonardi. Infine anche i sindacati Fabi, Uilca e Fisac (Cgil) hanno reso noto l’interesse a raccogliere i soci dipendenti sotto un unico ombrello: nei giorni scorsi si è parlato di una “fondazione” ma in realtà dovrebbe essere una semplice associazione, perché nelle popolari ogni soggetto vale un voto e una Fondazione avrebbe appunto un unico voto. Sono davvero molti i segnali che dicono che sta crescendo l’interesse intorno alla governance della Banca Popolare di Milano, che dovrà essere rivista all’assemblea del prossimo aprile, riproponendo alcune modifiche statutarie non passate quest’anno per la mancanza del quorum di due terzi dei soci. Fibrillazioni con largo anticipo, dovute forse al fatto che – con il recente arrivo della Banca centrale europea quale regolatore unico molti tra i vecchi soci della Milano vogliono cominciare a mettere le mani avanti, nel timore che possano essere richieste altre e più radicali modifiche statutarie. Certamente l’arrivo della Bce è un fatto nuovo che potrebbe avere risvolti imprevisti. «Da gennaio cominceremo a lavorare e a capire che esigenze ha la Bce in tema di governance», ha detto l’ad Castagna. Tutti ricordano come la Banca d’Italia abbia cercato di modificare in passato la governance della Bpm e delle altre popolari quotate nel senso di convincerle a trasformarsi in società per azioni, un modello più trasparente rispetto al principio una “testa un voto” proprio delle banche cooperative. Ma questo tentativo non è andato a buon fine. Il timore è che adesso la Bce riprenda lo stesso tema. Certo i regulator hanno spesso argomenti persuasivi. La Banca d’Italia riuscì, ad esempio, a far eliminare l’anomalia di dipendenti che controllano la banca a fine 2013, poco prima dell’arrivo di Andrea Bonomi, grazie all’introduzione del sistema duale: con un Supervisory Board che ha solo poteri di controllo (qualcuno l’ha definito una specie di “collegio sindacale” allargato), in cui oggi siede come presidente Piero Giarda e un Consiglio di gestione oggi guidato dal consigliere delegato Giuseppe Castagna. «Qualcuno teme che la Bce possa costringere la Bpm e le altre popolari quotate a trasformarsi in spa – dice Giovanni Razzoli di Equita Sim- ma è un passaggio difficile, visto che le modifiche dovrebbero essere varate dal Parlamento italiano, che in tutti questi anni non è mai riuscito a cambiare le norme riguardanti le banche cooperative. Inoltre, bisognerebbe vedere se la trasformazione sia davvero necessaria. Non sembra che le popolari abbiano retto all’urto della crisi peggio degli altri istituti». Un argomento, questo, su cui concordano molti altri analisti. Certo, se il buongiorno si vede dal mattino, lo scontro in assemblea ci sarà, ma l’elemento stabilizzatore dovrebbe essere proprio l’intervento dei sindacati in funzione aggregante per arrivare a toccare i due terzi dei soci in assemblea. Così potranno essere finalmente approvate le modifiche allo statuto, in particolare la riduzione del numero dei membri del Supervisory Board ad 19 a 15 e il contemporaneo aumento dei rappresentanti dei fondi da 2 a 4; la crescita dei membri del Consiglio di gestione da 5 a 7, mentre 2 membri sia nell’uno che nell’altro consiglio dovranno essere indipendenti. Sul fronte della Borsa, prevalgono sul titolo gli “hold” (47,4% secondo il consensus di Bloomberg), poco più dei “buy” (42,1), mentre i “sell” sono al 10%. Riccardo Rovere di Mediobanca ha confermato un “hold”: «Il prezzo sul tangible book di Bpm è 0,65, le altre popolari sono intorno a 0,5-0,55; inoltre, la Milano ha minori possibilità di tagliare i costi avendo già fatto l’ex ad Montani una grossa riduzione; sul risparmio gestito, vendendo una grossa quota di Anima, Bpm si è privata di un prezioso flusso di ricavi »

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