Business Angel Italia: investitori informali puntano su ICT e startup
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I due termini inglesi per definire l’angelo investitore (o investitore informale) è business angel e, in alternativa, angel investor.

Si tratta di un investitore che fornisce fondi per finanziare un’azienda o progetto in cambio, solitamente, di bond o capitale proprio. Il finanziamento avviene tramite equità, non tramite finanziamento bancario classico.

Se la categoria è nata negli Stati Uniti a fine ‘800 (favorita in tempi moderni dalla rete telematica Ace-Net, punto di contatto tra finanziatori ed imprenditori in cerca di finanziamenti), solo nel 1996 la Comunità Economica Europea ha indetto la prima Conferenza della rete europea dei Business Angels per dare l’input e favorire questa forma dì investimento in Paesi come Germania, Belgio, Italia, Francia.

L’associazione europea EBAN (European Business Angels Network) fondata nel 1999 ha il compito di organizzare le reti locali (BAN) allo scopo di far incontrare business angel ed imprenditori in cerca di finanziamenti.

 

Business Angel in Italia

Sono state organizzate in Italia (precisamente a Milano e Venezia) le prime reti locali BAN e nel 1999 è nata IBAN, prima associazione di angel investor, seppure il finanziamento informale probabilmente sia sempre esistito nel nostro Paese.

Nel 2007 nasce a Milano anche IAG (Italian Angels for Growth) che, nel 2012, ha riunito oltre 100 investitori informali.

Il business angel può investire in qualsiasi settore senza limiti seppure gran parte degli investimenti puntino sempre più sulle start-up innovative o spin-off accademici: in questo modo sono nati colossi come Apple e Google.

 

Angel Investor: settori di punta

In Italia come altrove, il business angel punta a settori come ICT, automazione industriale, elettronica, software, nanotecnologia, rinnovabili e digitale in genere.

Questo genere di investimento punta su business innovativi, rischiosi ma ad alto rendimento (nel medio termine) ed il rapporto tra imprenditore finanziato ed investitore è basato sulla fiducia, perciò viene definito informale.

L’obiettivo di chi investe, talvolta, può non limitarsi al guadagno: spesso, l’investitore informale è spinto a contribuire allo sviluppo economico, ha il senso della sfida ed ama sentirsi attivo per la comunità.

In Europa la capacità di investimento dei business angel va da 100.000 a 500.000 euro mentre negli USA il limite massimo si estende a 5 milioni di dollari.

Nell’acquisire quote di startup, gli angel investor forniscono all’impresa non soltanto il loro patrimonio personale ma anche network di relazioni e know how manageriale.

 

Business Angel: 24,4 milioni di euro nel 2016

L’associazione IBAN, nella sua più recente indagine, ha calcolato un totale di 24,4 milioni di euro investiti in Italia nel 2016 dai business angel suddivisi in 52 società.

Considerando che nel 2015 ne sono stati investiti 20,5 milioni, è evidente la crescita di investimenti da parte di privati su piccole imprese e startup innovative.

Si punta principalmente su ICT ovvero Web App, Mobile e Software (27%), Sanità (15%), FinTech (12%), seguiti da Media (10%), Commercio (8%), Dispositivi (6%), Ecologia/Ambiente ed Alimentare (6%), Cleantech e Tessile (4%), Meccanica (2%).

Gran parte degli investimenti si è concentrata nel Nord con le startup che hanno conquistato il 56% delle operazioni.

E’ stato tracciato un identikit del business angel medio: ha un’età compresa fra i 30 ed i 50 anni, uomo, laureato, un passato da manager, imprenditore (nel 62% dei casi), ed un patrimonio inferiore a 2 milioni di euro. La novità che emerge nel 2016 è la presenza femminile (il 23% è donna, quasi una su quattro angel investor).

A tal proposito, al fine di coinvolgere sempre più donne, IBAN in tandem con altri 7 partner europei sta gestendo il progetto WA4E (Women Angels for Europe’s Entrepreneurs) coordinato da BAE e finanziato dall’Unione Europea che coinvolge Francia, Belgio, Regno Unito, Spagna e Portogallo.

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