Cambiare la rata è possibile, ma lo spread rimane alto

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Qualcosa si sta muovendo nel mercato dei mutui, imballato da più di un anno su spread ai massimi storici. Nelle ultime settimane due istituti tradizionali hanno lanciato campagne promozionali rivolte ai prestiti ipotecari. Bnl si rivolge ai nuovi clienti e invita gli aspiranti mutuatari in filiale per una valutazione preliminare. UniCredit, invece, si rivolge ai vecchi clienti proponendo una rinegoziazione del tasso con un cap massimo del 4,4%. Una strategia che qualche mese fa aveva attuato Ing direct con alcuni clienti che stanno rimborsando un prestito a tasso variabile, proponendo un passaggio per cinque anni a un tasso fisso di circa 100 punti base più caro, a seconda delle condizioni di partenza.

Ovviamente, nei casi di rinegoziazione, è importante analizzare con cura il tasso che si sta pagando e, se questo è variabile, le prospettive future di rialzo. Da questo punto di vista una mano la possono dare i contratti future sull’indice Euribor a 3 mesi (il parametro più utilizzato oggi dalle banche che operano in Italia) per calcolare mensilmente le nuove rate dei mutui a tasso variabile. Questi ci dicono che l’Euribor a 3 mesi (che a febbraio viaggia intorno al minimo dello 0,21%) potrebbe riportarsi intorno al 2% nel giro dei prossimi quattro anni (con un lento e graduale rialzo di 180 punti base). Sempre ipotizzando che le attuali criticità sul mercato interbancario e nella gestione della crisi dei debiti sovrani si ridimensionino nei prossimi mesi.

Al di là delle tecnicalità delle singole offerte, le recenti mosse indicano un crescente grado di apertura di alcune banche verso un mercato che nell’ultimo anno ha visto praticamente dimezzare le erogazioni rispetto a quelle del 2011 che a sua volta hanno riflesso un vistoso calo rispetto al 2010.

Sul fronte degli spread – quella componente decisa dalla banca e che si aggiunge all’Euribor (per i mutui variabili) e agli indici Eurirs (per i mutui a tasso fisso) per ottenere il Tan (il Tasso annuo finale di interesse) del mutuo – non si segnalano invece netti miglioramenti. In questo momento il miglior spread in circolazione per un mutuo a tasso variabile si attesta al 2,85% (proposto da Deutsche Bank) mentre sul fisso (un prodotto tecnicamente più rischioso per le banche che quindi su questo prodotto tendono ad applicare spread più cari) siamo al 3% (proposto da Cariparma e Webank).

Siamo lontani anni luce dagli spread applicati in periodi pre-crisi (prima del settembre 2011 c’erano ancora offerte con spread sotto l’1%). E secondo gli esperti sarà difficile, però, perlomeno nel breve, assistere a una drastica riduzione di questi parametri. Perché lo spread non include solo il margine di guadagno che in un determinato periodo storico una banca, in base alla sua strategia commerciale, decide di applicare. Comprende anche i costi di raccolta del capitale all’ingrosso e dei costi di copertura dal rischio di futuro rialzo di tassi. In più, in questa fase, molti istituti tendono a scaricare sullo spread dei nuovi mutui le perdite che stanno accusando su molti vecchi mutui concessi a tasso variabile prima dello scoppio della crisi. Ci riferiamo a quella generazione di “mutuatari fortunati” che in questo momento stanno pagando un tasso finale sul mutuo di poco superiore all’1%, visto che hanno approfittato della spettacolare caduta degli indici Euribor (che viaggiano vicino a quota zero) e del fatto di aver stipulato un mutuo in tempi non sospetti, quando gli spread volavano basso, tra lo 0,7% e l’1,5 per cento. Per i nuovi mutuatari, tuttavia, va detto che il quadro non è così drammatico. Perché ci sono molte banche (Deutsche Bank, Webank, Iwbank, Ing direct Cariparma e Bnl) che offrono mutui a tassi variabili che oscillano rispettivamente tra il 3,19% e il 3,4%. In campo c’è anche Banco Posta con un 3,71%. In ogni caso si tratta di tassi storicamente non elevati per quanto presentino l’anomalia di essere composti per larga parte dallo spread. Per chi è orientato al fisso le migliori offerte vanno dal 5,5% in su.

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