Il leasing nautico «atipico» non maschera una cessione
Leasing

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Non c’è abuso del diritto nella scelta di acquisire un’unità da diporto attraverso il leasing nautico, e non con una più tradizionale compravendita, anche quando alcuni parametri contrattuali (maxicanone, durata, riscatto) appaiono atipici rispetto ad altri comparti del leasing. Il principio è desumibile dalla sentenza della Ctr Lombardia 6518/44/2014 (presidente Proietto, relatore Chiametti), depositata lo scorso 10 dicembre.

La pronuncia ha respinto l’appello della Dre Lombardia, confermando in pieno la sentenza di primo grado. Le conclusioni dei giudici regionali, peraltro, trovano conferma in gran parte dalle pronunce di merito ad oggi intervenute in materia di leasing nautico.
Il contenzioso trae origine dalla riqualificazione di alcuni contratti di leasing nautico in compravendite di imbarcazioni. La verifica prende avvio da alcuni indicatori di anomalia – maxicanone elevato, durata contrattuale eccessivamente breve e prezzo di riscatto estremamente ridotto – contenuti nelle previsioni contrattuali, tali da far presupporre un intento elusivo e legittimare la riqualificazione del leasing in una compravendita.
A giudizio delle Entrate, le parti hanno “mascherato” secondo lo schema del leasing una vera e propria cessione di bene, qualificata come locazione finanziaria unicamente in base alla convenienza fiscale legata al criterio di territorialità: per le operazioni di leasing nautico è previsto (tuttora per alcune circostanze) l’assoggettamento all’Iva solo in proporzione all’utilizzo della barca nelle acque comunitarie.
I giudici lombardi, invece, riconoscono che la presenza di un maxicanone elevato, di una durata ridotta e di un prezzo di riscatto esiguo – seppur «atipici» in altri comparti del leasing – sono giustificabili nel settore della nautica da diporto. Nel settore la particolarità dei beni finanziati e le esigenze dei clienti inducono la società di leasing a limitare il più possibile il rischio creditizio attraverso maxicanoni elevati e durate contrattuali brevi.
La questione è stata definita per il futuro attraverso l’emanazione di una nota interna con la quale la direzione centrale accertamento dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito una griglia di indicatori di anomalia: le fattispecie contrattuali in questione non dovrebbero essere contestabili dalle Entrate (principalmente, il maxicanone iniziale inferiore al 40% dell’importo finanziato e la durata contrattuale non inferiore a 48 mesi).
La sentenza affronta anche un altro aspetto interessante, negando all’ufficio la possibilità di disconoscere l’applicazione dell’Iva forfettaria sulla base di dichiarazioni dei soggetti utilizzatori – rese alla GdF – di non aver mai toccato porti extracomunitari. Secondo i giudici, questa dichiarazione non può essere sufficiente per disconoscere l’Iva forfettaria non solo perché proviene da un soggetto esterno alla società, ma anche perché la mera constatazione che un’imbarcazione a abbia navigato tra due porti comunitari non è elemento sufficiente a pregiudicare l’applicazione del regime agevolato, qualora un’imbarcazione abbia le caratteristiche tecniche per navigare in acque internazionali (si veda la circolare 38/E/2009).

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