La risarcibilità del danno si applica pur se il bando non richiede cauzione o la polizza
riconoscimento

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Il principio è contenuto nella sentenza del Consiglio di stato n. 3755 del 31 agosto 2016. La vicenda, attinente a investimenti per il funzionamento di un nuovo ospedale, ha riguardato il rifiuto di stipulazione del contratto di mutuo da parte della banca risultata prima in graduatoria. La stazione appaltante ha quindi disposto lo scorrimento della graduatoria individuando il nuovo contraente in altro istituto di credito, che però prevedeva uno spread meno favorevole. Per questo motivo è stato richiesto il risarcimento del danno emergente risultante dal differenziale tra il primo e il secondo spread. In primo luogo il collegio ha ritenuto la giurisdizione affermando che «in sede di giurisdizione amministrativa esclusiva l’amministrazione pubblica ben può agire con un ricorso, a tutela di un proprio diritto soggettivo». In secondo luogo il rifiuto di stipulare il contratto a seguito della presentazione della migliore offerta vincolante è stato qualificato come un fatto illecito, e ciò al di là del fatto che nella specie non vi era nemmeno stata l’aggiudicazione. I giudici amministrativi hanno proseguito affermando che l’ordinamento ha tradizionalmente disciplinato il caso in cui l’aggiudicatario di una gara d’appalto poi si rifiuti di stipulare il contratto. In tal caso non rilevano le discussioni concernenti la natura della sua responsabilità e si prevedono forme di tutela «rafforzata» della stazione appaltante: cauzione provvisoria e richiesta di pagamento «a prima richiesta» al garante. Tuttavia, anche se il bando non prevede tali forme di tutela la p.a. può chiedere al giudice di disporre la condanna dell’autore del fatto illecito. In pratica «mentre nel diritto privato il codice civile del 1942 ha previsto regole per i casi di responsabilità precontrattuale, nel diritto pubblico la normativa sulla contabilità di stato e i codici sui contratti pubblici (2006 e 2016) hanno posto regole specifiche sullo specifico caso in cui l’aggiudicatario violi i principi di buona fede e di correttezza».

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